È stata una partita noiosetta sin da subito quella tra Jannik Sinner e Pedro Martinez a Wimbledon. Al terzo scambio si è capito che il match sarebbe andato avanti a senso unico, che solo un ritiro dello spagnolo avrebbe potuto spezzare tre set simili ad una svogliata pratica burocratica piazzata sulla scrivania di Jannik nella fase della pennica estiva post prandiale. Martinez ha giocato senza servizio sull'erba del Centrale contro il numero uno al mondo, strappandogli cinque game nel corso di due ore scarse di tennis. Dal suo punto di vista - considerato il penalizzante affaticamento alla spalla destra che l'ha costretto a chiedere due volte l'intervento del fisioterapista, a battere con un movimento monco e denso di sofferenza, a correre dietro la pallina senza mai perdere il sorriso sapendo che mai avrebbe potuto vincere - è un capolavoro che merita assoluto rispetto.
Dal punto di vista di Sinner, invece, si tratta di un pomeriggio in ufficio senza infamia e senza lode. Tre doppi falli, qualche gratuito di troppo col dritto, un secondo set in cui si è adagiato sul ritmo lento di un avversario che, per onorare il pubblico e lo sport, era obbligato a prendersi delle pause. Pedro, tremendamente limitato dalla spalla, era meccanicamente impossibilitato a mettere in campo prime a più di 160 km/h, eppure Jannik non sempre è riuscito a cannibalizzare i suoi turni di servizio. Più che da pietà e cortesia, sembra che l'altoatesino sia stato afflitto da un attacco di sonnolenza quando - dalla possibilità di 5-2 nel secondo parziale - ha rischiato di farsi riagganciare sul quattro pari. Meno killer del solito, più svagato del normale nei momenti in cui lo spagnolo riusciva a far partire lo scambio e a verticalizzare con pazienza. Il tabellino non si è accorto di questa catalessi passaggera solo perchè, nei punti che potevano rimettere Martinez in carreggiata, Jannik di soprassalto trasaliva e col minimo sforzo ribadiva la legge del più forte. La sua prestazione, analizzata e passata sotto a quel setaccio che ignora il punteggio e si accorge delle più minime impurità, non è stata perfetta. Anzi, ha acquisito un senso - uno spessore - a partire dalla fine, quando Sinner ha tentato qualcosa di diverso. Dalla chiusura del secondo set in poi, si è messo a giocare solamente al volo, prendendo sempre più confidenza con la rete e regalando eleganti delizie. Coloro che gli rimproverano una mancanza di sensibilità nel tocco morbido e paffuto, almeno oggi, sono stati smentiti.
Mentre tutti si chiedono se l'assoluta agiatezza con cui Sinner ha superato la prima settimana dei Championships (solo 17 game concessi agli avversari in nove set complessivi) sia una fattore positivo o allarmante in vista della fasi calde (agli ottavi il vincente tra Ofner e Dimitrov), Jannik lascia il Centrale congendandosi di fretta nell'intervista post partita: "Spero di riuscire a vedere il Q3 della Formula 1 a Silverstone quando esco da qui" - ammette brillantemente. Il pubblico ricambia con una risata, l'intervistatrice gli domanda se nella domenica di riposo farà una capatina nel Northamptonshire per tifare Leclerc e vedere da vicino lo sport di cui è "amico", lui risponde che resterà concentrato sul suo mestiere. Con una simile mentalità, in contemporanea, a qualche metro di distanza, Flavio Cobolli ha dato l'ennesimo scossone all'idillio tricolore del tennis: battendo con un maestoso 6-2 6-4 6-2 il campione di Miami Jakub Mensik, il romano si conferma in grande spolvero sull'erba e accede per la prima volta in carriera alla seconda settimana di uno Slam. Londra potrebbe riconsegnarci tre italiani (Sinner, Musetti e Cobolli) nella top 20 del ranking. L'ultima volta in cui ci vantammo di una cosa del genere era gennaio 2023, quando gli infortuni avevano concesso una tregua a Matteo Berrettini.