Guidano in maniera diversa Mir e Marini. Joan sembra sempre - affannosamente - appeso alla moto e ai limiti della Honda, forza le staccate in maniera vistosa, allarga di scatto il ginocchio della gamba interna in uscita di curva, per bilanciare l’accelerazione della RC123V. Luca pare scorrere tra una piega e l’altra come l’olio in un binario, il coltello in un panetto di burro. In comune hanno la stessa efficacia, risultati molto simili, e infine quel sorriso che un weekend dopo l’altro si allarga sempre di più. È un sorriso genuino, che emerge dal basso, dopo aver scavato e rotto le profondità dell’anima e - insieme a quelle - anche le fatiche del passato. Esprime una consapevolezza radicata, una soddisfazione che può scaturire solo da un lavoro eterno ma ben fatto, una voglia matta di dire all’unisono: “Che bello, su questa moto che comincia ad andare forte per davvero c’è la nostra impronta, la nostra testardaggine, la nostra sensibilità, soprattutto la nostra infinita pazienza”. È terribile attribuire ad un mezzo meccanico l’epiteto “bambina” - soprattutto per Joan e Luca che sono padri - ma la Honda odierna non può non essere considerata anche una loro creatura.
Una creatura che li rende sempre più contenti, attraverso un processo che si autoalimenta in positivo e sembra non volersi più fermare. Quel sorriso è ancora lontano dal massimo dell’estensione, si tiene stretto tra i denti un bel margine di crescita. Intanto in Giappone abbiamo visto tre Honda direttamente in Q2, assieme alle ufficiali anche quella di Zarco, che guida in modo ancor più diverso, ancor più particolare (in tanti dicono che Johann sia battibile in staccata, ma nessuno ha mai dichiarato di essere superiore a lui nell’arte del pick-up, dell’accelerazione a corpo libero). E poi nella Sprint abbiamo constatato che sì, Joan (che già aveva riportato la Honda in prima fila dopo due anni) fino a cinque giri dal termine aveva i piedi sul podio, in una gara asciutta, standard, di prestazione, senza defezioni. È stato scalzato solo da Marc Marquez, dopo aver risposto per due volte ai suoi attacchi, dopo essere stato portato largo al terzo cattivo tentativo del 93. Luca intanto, in settima piazza, tre secondi più indietro, era visibilmente più rapido della diretta rivale, la Yamaha, che ha potuto difendersi solo grazie al talento sconfinato di Fabio Quartararo, agevolato dall’aria pulita di fronte a sé. Un buon derby giapponese (l’anno scorso M1 e RC213V lottavano per la 15° piazza) che oggi, in casa Honda, ha mostrato chiaramente un migliore in campo.

Ma nel sabato di Motegi è intrigante, molto più della cronaca dei fatti, riempirsi le orecchie della felicità di Luca e Joan. Ascoltare il loro garbato godimento e, magari, farsi contagiare un po’: “Siamo tutti e tre veloci - analizza Marini - andiamo un po’ di rotazione a seconda di chi trova quel feeling giusto su una determinata pista. Però è vero che in queste ultime gare riusciamo a essere tutti e tre più costanti. La moto sta migliorando veramente tanto, sono molto soddisfatto del lavoro che abbiamo fatto in questa stagione. E poi è bello poterlo anche dimostrare, perché già prima c’erano dei passi avanti in realtà, ma poi sulla carta, nei fogli della domenica, non si vedevano. Anche noi già li sentivamo, nessuno se ne accorgeva. Invece adesso possiamo anche farlo vedere a tutti, è veramente figo”.

A Sky poco dopo domandano a Joan quanto sia stato complicato l’ultimo periodo. La risposta, senza essere melensi, è sportivamente commovente: “Non riesco a descriverlo in venti secondi (Mir ride riferendosi ai tempi serrati della tv, ndr). È stato molto complicato, immaginare ottenere tutto (il titolo mondiale del 2020, ndr) e poi perdere tutta quella competitività per i tre anni successivi. È stato difficilissimo, uno si abitua velocemente quando le cose vanno bene, ma mantenere la motivazione quando vanno male non è scontato, per me è stata una sfida. Per fortuna nel team ho gente che crede in me, più di me, quello mi ha aiutato molto”. Chiude con un luccichio negli occhi lui, chiudiamo con lo stesso inevitabile - condizionato - riflesso negli occhi noi.