Era Ronaldo il Fenomeno, pareva Gianni Infantino. Nel regno dei ricordi dei vent’anni e spiccioli, del periodo in cui erano re, alla Bobo Tv insomma, lunedì sera Luis Nazario da Lima ha palesato il suo volto politico. Coccolato dai messaggi degli utenti abbonati e circondato da un affetto simile alla venerazione, ha snocciolato ricordi all’insegna del nostalgismo - periodo fine anni Novanta e inizio Duemila, il suo, quello che oggi tira nel Twitch dei quarantenni - mostrando la sua piena padronanza dei nuovi media (era contemporaneamente in diretta sulla sua Ronaldo Tv) ma, soprattutto, ha fornito uno splendido assist alla Fifa - e pure alla Superlega - rispondendo a quella che, al di là dell’atmosfera da spogliatoio che caratterizza il live, era l’unica domanda veramente interessante.
Sì, d’accordo: l’Hollywood, la Serie A che non è più quella di una volta, la generazione attuale più disciplinata e meno gaudente fuori dal campo, Benzema meglio di Lewandovski, e ancora Neymar, Messi e Mbappé. Quelli sono i titoli, è ciò che piace alla gente che piace, a quella che ascolta e al mondo social. Ma Ronaldo oggi è un dirigente calcistico, un businessman dei media e del pallone. Lo ha scritto, appunto, anche nella bio del suo canale Twitch: “Um dos maiores empresários do mundo pela Forbes, agora streamer”, ovvero uno dei principali imprenditori del mondo secondo Forbes, oggi streamer. Nel portafoglio, fra le innumerevoli attività, ha una multiproprietà calcistica che comprende la maggioranza del Valladolid in Spagna e del Cruzeiro, il suo primo club, in Brasile. È uno pratico, ed eccolo così rispondere alla timida domanda di Ventola sulla Superlega: «Prima o poi arriverà, il calcio deve rinnovarsi, è un movimento naturale. È lo sport più seguito del mondo, è un’industria che cresce e continua a crescere: i grandi club vogliono sempre più soldi e se li meritano, perché devono pagare i giocatori più forti». I quali, sostiene, è giusto che guadagnino di più. Chi si aspettava l’apologia del calcio popolare, la censura dei tempi e dell’ingordigia è rimasto deluso. Se i grandi club guadagnano di più, sostiene, guadagnano di più anche le medie e le piccole, perché cresce l’ecosistema.
Volti smarriti. Non quello di Vieri, che sa come va il mondo e del resto lì dentro è quello che porta il pallone (lo è anche nei ritratti dei quattro di cui vende le magliette, non a caso), ma quelli degli altri, che hanno poi tentato di rintuzzare il colpo. Perché certo, la Superlega così com’era uscita lo scorso aprile non aveva senso, e Ronaldo per primo l’ha seppellita - lui, che è anche uomo di
marketing - sotto l’aspetto comunicativo («non come l’hanno presentata, perché hanno messo in difficoltà club e tifosi») e allora sì, «se si fa come dici te va bene» (Cassano, anche se Ronaldo non ha fatto nessuna proposta) e comunque fatta con «competenza e onestà» (Adani), e vabbè, il concetto è perfetto ma lascia un po’ l’effetto delle miss in quegli insulsi concorsi d’antan che, alla domanda su quale fosse il loro sogno, rispondevano candidamente «la pace nel mondo».
Ronaldo nel mondo gradirebbe invece il Mondiale ogni due anni, ecco l’altro botto. I giocatori devono contare di più e giocare di meno (leggasi: meno competizioni inutili), e «il Mondiale è stato inventato 100 anni fa, oggi c’è una velocità diversa», dice lui che di velocità se ne intende. Ribadisce che il format è il medesimo da sempre - più o meno, ma ci siamo capiti - e aggiunge che l’Australian Open e Wimbledon si giocano ogni anno, ma non perdono fascino né prestigio. Infantino ha un alleato. La Fifa di domani un dirigente in pectore. Potenzialmente um dos maiores.