Klaus Abbelen è un signore tedesco di 63 anni che, con la sua squadra, lo scorso weekend ha vinto la 24 Ore del Nürburgring. Forse la gara più dura del mondo, sicuramente la più folle. Klaus durante i festeggiamenti indossa un cappello. Un cappello che non ha tolto per tutta la gara. Non lo ha tolto nemmeno quando il suo pilota di punta, Earl Bamber, è corso ad abbracciarlo per festeggiare la vittoria. Non lo ha tolto nemmeno per farsi la doccia di champagne - l’unica che conta per ogni petrolhead - sotto al podio.
Quel cappello non è un capello qualunque, guardatelo bene. Non è semplicemente vecchio. È liso, consunto, mangiato dal tempo, dal sole e dal sudore. È bucato, non ha più nemmeno una forma ben definita. Ma lui, il Signor Klaus, non lo toglie più.
Non lo toglie da anni quel cappello. E non gliene importa niente di cosa possa pensare la gente che lo circonda. Non gli importa che non sia alla moda e, soprattutto, non gli importa che non valga nulla. Potrebbe avere tutti i cappelli del mondo visto che, con ogni probabilità, è miliardario. Per anni è stato il numero uno della Abbelen, un gigante della carne che oggi fattura qualcosa come 160 milioni di euro all’anno. E pensare che tutto era partito da una modesta macelleria che il padre Heinz aveva aperto alla fine degli anni ‘50. Strana la vita: un giorno fai una polpetta e quello dopo ti ritrovi sul tetto del mondo. Meglio appuntarselo per quelle giornate dove tutto sembra così nero e impossibile.
Ma torniamo al cappello. Che Klaus Abbelen non toglie più perché, in quel modesto capo d’abbigliamento, si è condensata tutta la sua incredibile storia. Anzi, forse, la sua intera vita. Questo signore tedesco, con lo sguardo mite e un sorriso buono, è stato prima un pilota di moto. Siamo negli anni ‘80 e il ragazzo dimostra di saper dare del vero gas, tanto da piazzarsi terzo nel campionato tedesco Superbike.
Presto capisce che la sua vocazione, però, sono le automobili. Inizia a correre negli anni 90 con le GT, soprattutto Porsche e Ferrari, con cui si toglie le soddisfazioni più grandi. I risultati non mancano, finisce spesso a punti, ma la sua vera stoffa è quella del manager. Nel 2005 unisce, così, le sue due più grandi passioni - auto e affari - fondando la propria squadra. Che chiama, con una punta di ironia molto mitteleuropea, “Frikadelli Racing Team”. In pratica è un po’ come se un grande imprenditore italiano dell’industria della carne, come il nostro Luigi Cremonini, chiamasse il proprio team “la squadra delle polpette”. Genio.
Inizialmente è lui stesso a correre con i colori della Frikadelli Racing ma, presto, il pilota di riferimento diventa un altro. Anzi un’altra: Sabine Schmitz. Sì, proprio lei, la leggenda del Nürburgring, la Regina del Grüne Hölle, quella con cui tutti sognano di regalarsi, una volta nella vita, il Ring Taxi sulla Nordschleife perché solo lei è la “pilota di taxi più veloce del mondo”. Proprio lei che tutti conoscono anche grazie alle varie apparizioni negli anni d’oro di Top Gear, al fianco di Jeremy Clarkson. Quella stessa pilota leggendaria che ci ha lasciati, improvvisamente, il 16 marzo 2021 per un male incurabile, lasciando un vuoto incolmabile nel mondo del motorsport.
La squadra delle polpette, in ogni caso, per Sabine Schimtz non ha mai rappresentato soltanto il suo team di riferimento, ma qualcosa di molto più grande. Al punto che, nel 2007, Sabine e Klaus decidono di sposarsi e di condividere così la vita, oltre alla passione per le automobili. La Frikadelli Racing, nel frattempo, ottiene un sacco di soddisfazioni: la più grande è il terzo posto che Sabine ottiene, insieme ai suoi compagni di squadra, nella 24 Ore del Ring del 2008. In questo periodo magico Klaus si divide tra il ruolo di Amministratore Delegato della Abbelen e quello di condottiero della squadra delle polpette.
Nel tempo libero o, semplicemente, quando è con gli amic,i e soprattutto con Sabine, gli piace cantare. Afferra il microfono e improvvisa i suoi brani preferiti. Ma lo fa sempre indossando il suo cappello preferito. Un cappello qualunque che, un giorno, Sabine gli sottrae furtivamente scrivendoci sopra, senza pensarci su troppo , “Sabine’s man” - “L’uomo di Sabine”. Non sapeva ancora che quella frase, scritta quasi per gioco ma, allo stesso tempo, così intensa nella sua dolce spontaneità, avrebbe cambiato per sempre la storia di quel capello.
Sì perché da quel momento in poi, dopo quella dedica così intima e segreta, Klaus non lo toglierà più. Abbiamo trovato immagini del 2009 dove già lo indossava, anche nelle occasioni ufficiali come durante le interviste in pista durante le gare, in pit lane. Oggi, dopo più di quindici anni quel cappello è ancora sulla testa di Klaus, che festeggia la seconda vittoria assoluta della squadra delle polpette alla 24 Ore del Ring. È distrutto, bucato, consumato, ma tutti sanno che la dedica è ancora lì, al suo posto. Più forte che mai. E lui, così, non lo toglie più.
P.S.: il cappello di Klaus Abbelen è una vera leggenda del Nürburgring tanto che l’originale, oggi, viene conservato nel museo di Sabine Schmitz nei pressi del circuito. Klaus Abbelen prima della 24 Ore di quest’anno è andato a prenderlo per indossarlo, ancora una volta, come portafortuna. E pare che funzioni ancora benissimo. A raccontarmi la storia è stato un ragazzo sotto al podio che indossava una maglietta del Team Frikadelli. Dopo avermela raccontata, lasciandomi senza fiato gli ho chiesto chi fosse. Era il figlio di Klaus.