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Le scelte di vita di Pedro Acosta: un po’ Pecco Bagnaia e un po’ Valentino Rossi. “Andorra? No, grazie…”

  • di Emanuele Pieroni Emanuele Pieroni

18 gennaio 2024

Le scelte di vita di Pedro Acosta: un po’ Pecco Bagnaia e un po’ Valentino Rossi. “Andorra? No, grazie…”
"Obbligato a vincere" è il titolo del documentario diffuso da DAZN Spagna in cui il due volte campione del mondo, Pedro Acosta, si mette a nudo. Raccontando la sua storia di "figlio di un pescatore" e il suo legame fortissimo con la famiglia e con il piccolo paese sul mare che "è il vero motivo per cui vincere non ha dato alla testa". E sui colleghi che hanno scelto Andorra per pagare meno tasse...

di Emanuele Pieroni Emanuele Pieroni

E’ giovanissimo nonostante si sia già messo in tasca due titoli mondiali, ma in ogni intervista che rilascia dimostra di avere molti più anni di quelli che, in verità, ha. E’, oltre al talento pazzesco, la prima caratteristica che colpisce di Pedro Acosta. Sarà che per arrivare, con un babbo pescatore e poche risorse in cassa, ha dovuto faticare più degli altri, sarà perché ha incontrato chi ha saputo guidarlo o sarà perché i campioni veri, come la storia del motorsport dimostra, non sono solo veloci.

L’ultima occasione, in ordine di tempo, per conoscere un po’ di più il giovane fenomeno di GasGas e KTM l’ha offerta DAZN, con un documentario di circa 40 minuti che, purtroppo, è a disposizione dei soli utenti spagnoli. Con qualche frammento che, però, ha circolato in queste ore sui vari profili social che si occupano di motori. Facendo scoprire che Pedro Acosta ha molto in comune, ad esempio, con Pecco Bagnaia. Una scelta su tutte: affidare alla sorella tutto ciò che riguarda la sua vita da pilota fuori dalla pista. “Mia sorella – ha raccontato in “Obbligato a vincere” - lavorava in un magazzino di pomodori, confezionava pomodori e spesso faceva il turno di notte. C'è stato un tempo in cui la vedevo solo nei fine settimana. Così mi sono detto che quando avrei iniziato a guadagnare seriamente, i soldi sarebbero dovuti andare nelle mani di mia sorella. Ora è a casa, rilassata, si occupa del merchandising, viene alle gare con me ed è lei che si occupa di tutto ciò che riguarda tute, guanti, caschi. Organizza la mia agenda, le interviste e i vari appuntamenti. Penso che la sua vita sia migliorata molto". Orgoglio da provinciale, con quella parola, “provinciale”, che è chiaramente usata nella sua accezione più nobile e con stima vera. Perché che Acosta non è uno che ha trovato la pappa pronta è cosa nota e suo babbo, pescatore di professione, ha dovuto inventarsi di tutto per permettere a quel figlio – che tra l’altro da ragazzino sembrava tutt’altro che talentuoso – di inseguire un sogno. “Oggi mio babbo – ha raccontato ancora Acosta – viene alle gare, ma una volta disse che non lo avrebbe più fatto. Per me è una voce in più, una presenza autorevole e lo sapevo che non sarebbe riuscito a non venire ogni fine settimana. Sono contento che ci sia”.

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Un post condiviso da Pedro Acosta (@37pedroacosta)

Famiglia, radici e strada fatta sempre ben stampata nei ricordi. Quasi come monito a non lasciarsi prendere dai famosi “grilli per la testa” che sono costati carissimi a altri giovani fenomeni delle corse. Piccoli o grandi punti di aderenza con campioni che, invece, delle corse hanno proprio scritto la storia. Anche attraverso scelte che potrebbero sembrare poco lungimiranti. Come quella, ad esempio, che lo rende simile a Valentino Rossi e che non gli fa vedere un futuro lontano dal piccolo paese in cui è nato.

Per Valentino Rossi è stata Tavullia, per Pedro Acosta è Puerto de Mazzaron. “Lo so che molti miei colleghi si sono trasferiti ad Andorra – ha spiegato – Io ci sono anche stato per capire se mi sarebbe piaciuto o meno, ma preferisco restare qui. Nel posto in cui sono cresciuto. Così ho detto a mio padre che sarei rimasto con lui e con la nostra famiglia. Magari pagherò più tasse e in qualche modo guadagnerò meno, ma non è un problema”. Non è un problema e, anzi, è una risorsa. Perché, proprio come Tavullia per Valentino Rossi, poter chiamare “casa” un luogo quando si vive in giro per il mondo, è fondamentale. “Lo scotto – ha concluso – è che tutti mi conoscono e molta gente ha cominciato a bussare alla porta di casa mia, a cercarmi in gelateria. Sono anni che non faccio il bagno nella spiaggia di Mazarrón e a volte è meglio allontanarsi un po'. Però credo che Mazarrón sia il motivo per cui vincere non mi ha dato alla testa. Bisogna sapere dove essere e io mi sento a mio agio qui. Ho i miei amici qui vicino, posso allenarmi tutti i giorni, ho la mia ragazza vicino. Sapere quale è casa è importante. Qui sto bene, inoltre sono un ragazzo da spiaggia, e non posso proprio avere il mare lontano”.

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