“Quando sono andato per la prima volta in moto era Natale del 1986. Mia mamma era già malata terminale: avevo 4 anni. Io ricordo molto poco della mamma, ma mi dicono che il suo sogno era quello di vedermi fare qualcosa per cui già da piccolissimo mi brillavano gli occhi, così, con grandi sacrifici, mi regalarono quella motina”. Marco Melandri l’ha raccontato così, in una intervista concessa a una radio svizzera, RSI nella trasmissione Specchio, e che sta diventando in queste ore virale su Youtube. Trenta minuti in cui l’ex pilota di MotoGP e Superbike si mette letteralmente a nudo, lasciando un po’ da parte quei modi che ultimamente l’hanno reso un personaggio un po’ troppo controverso. E’ un’intervista totale, a cuore aperto, in cui quel ragazzino che ha perso la mamma a soli quattro anni ha raccontato, forse come non aveva fatto prima, la sua storia pazzesca. Dal quartiere popolare di Ravenna, dentro una famiglia che stava vivendo un dramma, a quel dono che ha realizzato il sogno di una mamma e che poi è diventato il sogno di quel figlio.
“Io non ho mai pensato di fare altro che il pilota, volevo fare il pilota – ha raccontato Marco – però non posso mica dire di aver lavorato, perché mi piaceva tutto così tanto che non sentivo la fatica. Sicuramente sono stato anche fortunato, perché è uno sport costoso e la mia famiglia non poteva certo permettersi di sostenere quei costi: mio babbo faceva lo spazzino, poi nei pomeriggi faceva anche l’idraulico per non far mancare nulla a me e mia sorella”. All’inizio l’andare in moto era subordinato ai voti a scuola. Poi il talento è stato più evidente. “Se guardo la mia carriera è successo di tutto, ma quando ci penso mi sembra che siano stati sì e no due anni. Credo di aver fatto cose buone e oggi per me il trofeo più grande è il ricordo che ha la gente. Quando mi fermano per parlarmi dell’ultima curva di Phillip Island o del sorpasso in staccata alla San Donato al Mugello su Valentino Rossi e Max Biaggi sento che quello vale di più di qualsiasi mondiale”.
Le corse in moto e la passione, dunque, che hanno segnato una vita, con Melandri che, però, ha scelto proprio di cambiare vita: “Sarei potuto restare nel giro, ma un pilota vuole correre e se non puoi correre, quando non puoi più correre, che senso ha restare a fare altro? Ora voglio vedere le altre opportunità che posso avere, anche se decidere di smettere è un momento che ti segna profondamente e ti lascia totalmente disorientato”. I ricordi, però, aiutano, così come hanno aiutato le persone belle davvero incontrate durante la carriera: il Dottor Costa su tutti. “Un uomo incredibile – ha proseguito – Quando ti fai male e sei da solo in giro per il mondo, un uomo così che ti stringe la mano significa tanto”. Significa, probabilmente, sentire anche quel calore che il destino ti ha tolto quando eri troppo piccolo. “La velocità più alta raggiunta da me è di circa 340 km/h, ma non hai il contachilometri e mica te ne rendi conto. Oggi superano i 360”.
“Oltre”. Marco Melandri un po’ oltre c’è andato anche dopo aver scelto di chiudere con le corse, rendendo pubbliche posizioni personali che per alcuni versi gli sono costate anche care. “Io l’ho fatto per mia figlia – ha spiegato – Non sopportavo il fatto che ci imponessero il vaccino perché penso che ognuno debba essere libero. Sono finito anche sulla gogna ma va bene così e lo rifarei. Dopo quel periodo, però, ho deciso di lasciare l’Italia. Ora vivo qui in Svizzera e sono contento di averlo fatto, perché penso che sia il posto migliore in cui far crescere mia figlia”. Momenti dolorosi alternati a momenti di serietà e al racconto di qualche goliardata quindi, per un Melandri che oggi fa il DJ, “senza stancarmi troppo”, e che in una vita che lui stesso definisce pazzesca ha avuto modo anche di stringere amicizie importanti. Come quella con Marco Pantani. “A me piacevano le bici, a lui le corse in moto e quindi siamo diventati subito amici – ha raccontato ancora – C’era tra noi la goliardata della Loggia del Giaguaro, che in verità non era niente, ma che dipingevano come una sorta di associazione di cui potevano far parte solo alcuni sportivi. Il nostro simbolo era un cravattino ricavato da una vecchia tenda strappata”. Tutte le storie, tutte le verità di Macio chiuse in mezz’ora o poco più, passando anche per le donne, “se non mi fossero piaciute così tanto avrei forse vinto di più”, e per la scelta di partecipare all’Isola dei Famosi: “DAZN mi aveva appena comunicato che non avrei commentato più la MotoGP per loro, perché avevano deciso di puntare tutto sul calcio. Mi chiamò subito dopo Mediaset offrendo una cifra per partecipare all’Isola. Volevo dire di no e provai a rilanciare chiedendo quasi il triplo, ma mi dissero che mi avrebbero accontentato. E così sono andato. Dal punto di vista umano è stata una esperienza pazzesca,in cui per diverso tempo ho vissuto anche legato da una corda di 75 centimetri a Cicciolina (ride, ndr), ma le dinamiche dei reality non fanno per me, perché per essere visibili bisogna litigare sempre”.