Leclerc ha la faccia da principino, da bambino prodigio, da giovane eroe di una scuderia che da sempre lo ha accolto e coccolato. Ma Charles Leclerc è un pilota che per arrivare dov'è ha dovuto lottare con le unghie e con i denti.
Un ventenne che ha firmato un accordo con Ferrari di cinque anni pensando di aver messo il suo nome sul contratto del suo successo ma che si è ritrovato incastrato su una monoposto drammatica. Non poco competitiva, non deludente, non sotto le aspettative. La SF1000 è una monoposto imbarazzante e Leclerc lo sa.
A Spa poi, circuito in cui lo scorso anno aveva ottenuto il suo primo successo, la situazione della Rossa era destinata a peggiore, e così è stato: pista di motore, di potenza, pista in cui serve tutto quello che la Ferrari non ha.
E cosa dovrebbe fare un ventenne arrabbiato e frustrato? Magari dopo un pit stop lunghissimo, ai suoi occhi inutile perché non informato su quello che stava succedendo alla sua monoposto. Magari proprio sulla pista in cui ha vinto il suo primo Gran Premio, dove avrebbe voluto ancora omaggiare l'amico scomparso un anno fa. Magari già abbastanza deluso dalla stagione e dalle prospettive di un futuro non roseo.
Che cosa avrebbe dovuto fare? Ringraziare tutti come il principino che vogliamo che sia? Il bravo ragazzo che tanto piace agli italiani?
No, Leclerc fa il pilota. Un lavoro di pancia, di aggressività, un lavoro tanto mentale quanto fisico. Predatore, non preda, e in quanto tale pronto a combattere con le unghie e con i denti.
E in quel team radio - subito reputato da tutti come il fatto rivelatore della frustrazione del gioiello di Maranello - c'è semplicemente il Charles pilota.
Ma Leclerc, fuori dalla pista bravo ragazzo per eccellenza, si è subito scusato su twitter per il suo team radio incriminato. Lui è così, animale in pista e principino fuori, innamorato di una Ferrari che sicuramente lo ricambia (insieme a tutti i tifosi) ma che certamente non è il sogno del Charles bambino.
E allora basta scuse, basta prendersi le responsabilità per un team radio colorito come se si trattasse di una dichiarazione di guerra. Leclerc è frustrato? Questa è la faccia della sua frustrazione.
Così era Alonso, maestro del "dico sempre quello che penso", che negli anni difficili in Ferrari (ma poi anche in McLaren) ha fatto divertire i suoi tifosi con i team radio più memorabili della storia. Dando degli scemi ai suoi ingegneri, reputando il motore un "GP2 engine" e insultando senza problemi chiunque gli venisse in mente. A Maranello - dove l'istituzionalità è obbligatoria - ha poi sempre un po' aggiustato il tiro, ma non ci è mai riuscito davvero del tutto.
Alonso frustrato era esattamente quello che doveva essere: un pilota arrabbiato che mostra la sua delusione. Così come il Charles Leclerc di ieri che forse dovrebbe imparare la lezione di Alonso, smetterla di scusarsi per cose di cui non ha colpe e iniziare a mostrare quella frustrazione che lo rende ciò che è: un pilota vero.