Linda Morselli, compagna di Fernando Alonso nonché ex fidanzata di Valentino Rossi, ha lanciato una serie di interviste in diretta battezzate Lindagine. Dopo diversi ospiti dal mondo della moda, della musica e dello sport è arrivato il momento di Max Biaggi, sei volte campione del mondo (quattro nella 250 e due nella Superbike) nonché storico rivale di Rossi. Ecco alcuni dei passaggi più interessanti.
Max Biaggi comincia parlando degli inizi, quando un amico gli fece scoprire la passione per le due ruote all’età di diciott’anni: “Tutti iniziano a 5 - 7 anni, con una famiglia di appassionati. A volte l’età non conta, si è sempre in tempo. Certo, se a quarant’anni inizi a competere per fare le Olimpiadi sei in ritardo. Però anche se hai 18-20 anni e hai delle doti, bisogna crederci. Il sogno è il motore del successo, la determinazione fa la differenza”.
Poi racconta il momento più bello (ed il più brutto) della sua vita: “Il momento più bello è stato quando è iniziato tutto, ovvero vincere il primo campionato del mondo della 250 nel 1994, anche perché è stato anche il primo titolo dell’Aprilia. Il più brutto è difficile da dire, di solito associo i momenti difficili con gli infortuni, anche se dopo una caduta c’è sempre la risalita. Anche se il momento più brutto forse è stata la perdita del mio papà, perché non pensi mai che possa accadere”.
Curioso poi un aneddoto sulla scaramanzia, una vera e propria costante nella vita dei piloti e degli sportivi in generale: “Non ho mai voluto dare troppo spazio alla mia intimità. Quasi tutti gli sportivi hanno i loro riti, ma alcuni li mostrano più spesso, io sono sempre stato riservato. Per tutta la carriera ho corso con le stesse calze e gli stessi slip, per vent’anni. E venivano rammendati a mano dalla moglie del mio fisioterapista. Io avevo sempre quelle, venivano lavate e tutto ma non le ho mai cambiate. Solo per il giorno della gara”.
In seguito, Max racconta di quando, nel 2012, prese la decisione di ritirarsi dalle corse da campione del mondo della Superbike: “È un argomento delicato, perché quando diventi un campione e sei stato la bandiera di uno sport è difficile lasciare, chiudere con il mondo che ti ha dato tutto. È difficile trovare il momento giusto e il posto giusto. Io ho scelto di lasciare nel 2012 - quando avevo già il contratto per 2013 - all’ultima gara, quando mi sono giocato il mondiale della Superbike vincendo il titolo per mezzo punto. Arrivato alla fine della gara ho abbracciato l’Eleonora - che era la mia compagna - e le ho detto singhiozzando “guardami bene così, perché non mi vedrai più con la tuta”. Ero riuscito a vincere per poco o niente e ho capito che era un segnale, non dovevo tirare la corda. Volevo lasciare un bel ricordo, senza essere avaro della moto, esserci per forza, rinunciare ad altro… È stato un segnale e ho chiuso così la mia carriera. Strano, ma è andata proprio così”.
Poi conclude: “A pochissimi capita di andarsene da protagonisti, io non volevo che quello fosse un giorno triste. E non lo è stato. Ora la mia vita è più vera, per vent’anni ci siamo nascosti dietro ad un casco e ad una tuta, sempre dietro ai comunicati stampa… È una vita diversa dalla normalità e a me la normalità piace. Ho ancora degli impegni, come il mio team in Moto3 e le cose che faccio con l’Aprilia, ma quando torno a casa e vedo i miei bimbi riparte tutto”.
Di seguito l'intervista completa.