È da quando ha lasciato la MotoGP a fine 2017 che il mondo delle corse chiede a Livio Suppo di rientrare. Lui ha resistito, ha fatto crescere la ‘sua’ Thok e ha accettato solo quando davanti gli si è presentato un lavoro all’altezza: la Suzuki era vincente, aveva due piloti veloci e una moto a punto. Per ripetere il titolo del 2020 vinto con Davide Brivio serviva un Team Manager d'esperienza, così Suppo ha detto sì. Ora racconta, in un’intervista alla Gazzetta dello Sport prima del GP d’Italia al Mugello, qualche retroscena sulla decisione dei giapponesi e il suo punto di vista sulla cosa: ”In certi momenti mi sento come se fossi passato per una porta girevole. Non ho fatto in tempo a rientrare nel paddock che già ne sto uscendo”, il suo commento. “Io l’ho saputo qualche giorno prima e cercato in tutti i modi di far cambiare idea a Shinichi Sahara, project leader Suzuki: impossibile. A quel punto, avvisati i ragazzi, ho cercato di spiegare loro che i problemi esistono nella vita di tutti, e che, comunque, questo è risolvibile. Sono tutti in gamba, troveranno una buona sistemazione".
Se per i piloti si tratta di cercare un’altra sistemazione e per le case è un buon modo per trattare sul prezzo, chi lavorava nel Team Ecstar è davanti a un muro. E sono persone, lo raccontava Davide Brivio dopo il titolo, scelte per competenza e passione, per l’impegno dimostrato, la voglia di vincere. La decisione però, ormai, è stata presa: “So che Suzuki e Dorna si sono incontrati e che stanno valutando come procedere. Quello che mi sento di dire è che si tratta di una decisione assolutamente irrevocabile. Come sono andate le cose? Quello che sapete voi è quello che sappiamo noi. Io non ho mai incontrato i vertici Suzuki, anche perché fino a poco tempo fa c’era il divieto per i non giapponesi di entrare nel loro Paese. Mi ero presentato via mail, avevo raccontato la mia storia, spiegato l’importanza di avere un team satellite... tra poco non avremo neanche quello ufficiale. Ed è un peccato. Perché la squadra è organizzata, il nostro è un piccolo gruppo ma che lavora molto bene, come dimostra lo sviluppo sul motore che credo abbia creato parecchio imbarazzo in Yamaha. Di solito una decisione così arriva se soffri e mancano i risultati. Ma la nostra situazione è molto diversa”.
Anche perché ovviamente, col senno di poi, Suppo non avrebbe accettato l'incarico: “Io per un anno non avrei cambiato la mia vita, e in Suzuki hanno accettato un pluriennale. Come la vivo? In Ducati, Claudio Domenicali diceva che “sicuro è morto”. Le cose non sono mai certe, basta vedere cosa succede adesso a livello internazionale. A livello commerciale, i problemi legati alla componentistica stanno creando guai a tutti, il domani in questo momento è incerto”. Inutile, spiega poi Livio, tentare di prendere in mano la squadra: “Mi piacerebbe farlo, ma questo si scontra con la volontà della Dorna di non avere due moto satelliti in più: per il valore del campionato non cambia niente, e in più si tengono le mani libere, qualora un altro costruttore dovesse decidere di entrare”.
Sulla MotoGP che torna al Mugello invece, il Team Manager Suzuki spiega che le possibilità per Mir e Rins sono piuttosto buone: “Mi sono appena rivisto la gara 2021: non avevamo l’abbassatore e il motore non era quello di oggi, ma Joan fece il podio e Alex prima di cadere andava molto forte. Sono convinto che potremo fare una bella gara. Il podio? Ci sta, col pacchetto che abbiamo. Però bisognerà fare i conti con le Ducati, e c’è Fabio Quartararo, anche se ho l’impressione che quando si trova a lottare con le rosse gli scenda un po’ la catena. E c’è l’Aprilia, può vincere. Nella vita bisogna essere pronti a dire “io non ci avevo capito niente” e con Aleix Espargaro è così, non me lo sarei mai aspettato. Sono contento per lui, per Rivola, per Romano Albesiano, il d.t. Aprilia, che ha passato anni difficilissimi”.
Se a Suzuki è mancata un po’ di concretezza, continua Suppo, è per un insieme di fattori: “Perché è uno sport dove la moto conta tanto, ma il pilota fa la differenza. Dire che la moto non va bene in qualifica è un’eresia, quella fase dipende soprattutto dal pilota che deve spegnere il cervello e aggredire maggiormente in curva. Sto provando a convincere i piloti e le loro squadre di questo. Alex e Joan sono bravi, ma devono fare il salto”. A dimostrazione del fatto che conosce bene il suo mestiere (e quindi i piloti) il torinese analizza pregi e difetti di ognuno dei due: “Rins è uno molto trasparente, un super appassionato molto legato a questo progetto, basta vedere la reazione in lacrime quando gli abbiamo comunicato il ritiro. Il difetto è che, proprio per questo motivo, spesso tende ad andare oltre il limite. Mir è più lucido, calcolatore e freddo, ma questo spesso gli gioca contro: ha il talento per vincere, ma si tiene sempre del margine. Dovrebbe essere meno coccolato da chi ha intorno”.
Una battuta, infine, la riserva al primo GP d'Italia (dopo oltre vent’anni) senza Valentino Rossi: “La fortuna della MotoGP è che il fenomeno Valentino si è affievolito un po’ alla volta e, sinceramente, tra un Mugello come il 2021, quando era fuori dai punti, e uno senza di lui, meglio il secondo. E lo dice chi lo ha visto correre quando era imbattibile, per me era un incubo. Se poi la gente non verrà, vuol dire che in questi anni Vale non è riuscito a far crescere il movimento, ma solo a fare affezionare la gente a lui”.