Le luci che si spengono sul circuito di Jerez e una consapevolezza: la mancanza di Toprak Razgatlioglu non si sentirà più di tanto, perché, di fatto, è l’alba di una nuova epoca. Ok, nella due giorni di test a Jerez non s’è visto Nicolò Bulega che, a detta di tutti, è destinato a tirannizzare il prossimo campionato, ma sono state 48 ore intense capaci di dimostrare che ci sarà comunque vita oltre “l’ormai rimandata alla MotoGP” rivalità tra il turco ex BMW e oggi Yamaha e l’italiano della Ducati. Così, in questo anticipo di 2026, il primo a prendersi la scena è stato Alex Lowes. Con la Bimota KB4 1000 Rimini, il britannico ha staccato l’1’37’’825 nel 45esimo dei 76 giri percorsi, dimostrando che l’unione fra la casa riminese e Kawasaki ha trovato una direzione tecnica definita. “È stato un test davvero incoraggiante – ha raccontato Lowes – la moto è più stabile di quanto mi aspettassi, e stiamo cominciando a capire dove possiamo spingere di più”. Sullo stesso box, Axel Bassani si è fermato in sesta posizione, a 759 millesimi. “L’importante – ha detto - era iniziare a lavorare con metodo, abbiamo margine e lo sento”.
Dietro Lowes, la Yamaha ha mandato segnali forti con Xavi Vierge e Andrea Locatelli. Lo spagnolo, appena arrivato dal mondo Honda, ha chiuso a 234 millesimi e s’è tolto subito un sassolino dagli stivali: “Finalmente ho trovato una moto che mi parla”. Locatelli, quarto, conferma la solita costanza: ha preferito puntare sul lavoro tecnico piuttosto che sul tempo, con 47 giri, piccoli interventi sull’elettronica e la percezione che la Yamaha ufficiale stia tornando competitiva dopo un 2025 vissuto a singhiozzo.
Per due giorni, però, gli occhi di tutti sono stati inevitabilmente puntati sul box di BMW, dove c’era la moto campione del mondo (vestita di solo carbonio) e una coppia di piloti impensabile solo fino a qualche mese fa: Danilo Petrucci e Miguel Oliveira. Petrucci, quinto dopo il Day2 con 1’38’’470, ha iniziato la sua avventura con la tranquillità di chi conosce il mestiere e la fame di chi non vuole essere l'ex di nessuno. “Ho lavorato solo sulle frenate – ha spiegato – questa moto ti chiede di entrare forte e frenare tardi, e mi piace. Da sempre mi diverto dove si frena tanto”. Shaun Muir, team principal, non ha nascosto la soddisfazione: “Danilo ha capito subito il bilanciamento della moto, ha un approccio chirurgico. È come se la BMW lo stesse aspettando”.
Molto diverso, invece, l’impatto di Oliveira, ottavo a un secondo pieno. Muir ha confessato un retroscena curioso: “Miguel è rimasto letteralmente sotto shock per la velocità della Superbike rispetto alla MotoGP. Non se l’aspettava, ma sorrideva sotto al casco”. Il portoghese ha dovuto affrontare un doppio salto: dalla mentalità MotoGP ai parametri della SBK e dal mondo delle gomme Michelin a quello Pirelli. “Ha bisogno di chilometri – ha aggiunto Muir – ma il potenziale è lì. Anzi, siamo esattamente dove volevamo essere”. La scelta di affiancarlo a un tester esperto come Michael van der Mark, terzo al traguardo provvisorio delle prove, è servita proprio a questo: dare un riferimento stabile.
Nel frattempo, lontano dai box ufficiali e dal sound spinto delle derivate di serie, una notizia ha sorpreso il paddock. Andrea Iannone, “The Maniac”, ha spiegato anora una volta al mondo che niente è più forte della voglia di correre di un pilota. E, nonostante l’età, ha deciso di giocare l’all in iscrivendo al prossimo mondiale Superbike il Cainam Racing Team. Cainam, letto al contrario in questo mondo che va al contrario e dove uno come Andrea Iannone rischia di restare a piedi è esattamente “Maniac”. È il suo team, la sua sfida personale. Dubbiosi e scettici non mancano, ma, lasciatecelo dire, c’è la poesia di una ennesima scelta radicale: fondare la propria squadra per restare nel Mondiale e continuare a correre con una Ducati Panigale V4 R (che probabilmente non sarà pronta prima di aprile). E’ un colpo d’orgoglio matto tipicamente italiano. Nessun comunicato ufficiale, solo il suo nome sul documento, come un messaggio implicito a cui ha fatto seguito, ieri sera, solo un post su Instagram da un profilo appena creato. Signori, sarà il racconto di un uomo che ha deciso di non stare fermo, anche quando sarebbe stato più facile farlo. Alla fine la vera essenza della Superbike è questa.