Poi non dite che non ve l’avevamo detto: Jorge Lorenzo e Maverick Vinales hanno stretto un patto di ferro che riporterà uno dentro quello che è sempre stato il suo mondo e l’altro –almeno è quello che sperano – sul tetto di quel mondo. I particolari – lasciateci fare i caz*oni - li avevamo svelati già nei giorni di Valencia (qui il link), ma adesso c’è anche l’ufficialità. Anzi, non c’è solo l’ufficialità, ci sono pure storie su Instagram che dimostrano come i due siano già al lavoro, tra piste di terra e ruote tassellate e moto corsaiole lanciate in mezzo ai cordoli, oltre che palestra e vere e proprie lezioni su “essere campioni o provare a diventarlo”. I due hanno anche approfittato della vetrina di “dura la vida”, il podcast di Jorge Lorenzo, per spiegare come è nata la collaborazione, ripercorrendo anche gli anni in cui sono stati avversari (ve lo ricordate il gran botto del 2019?) e tutto avrebbero pensato tranne che un giorno avrebbero lavorato insieme per inseguire lo stesso sogno. O per soddisfare lo stesso bisogno.
Ok, Jorge e Maverick, proprio in “dura la vida” hanno scherzato sul fatto di poter essere paragonati a Rocky Balboa e Apollo Creed, il giovane con l’ambizione immensa e il pozzo di esperienza. Però a MOW ci piace guardare tutto dal punto di vista di quelli un po’ romantici e un po’ maledetti e, quindi, Rocky e Apollo c’entrano meno di niente. Qui c’è di mezzo Socrate e la possibilità di smentire parzialmente quella vecchia massima secondo cui “insegnare non è riempire un contenitore, ma stimolare scintille”. E’ vero, è verissimo, ma qui, tra Maverick e Jorge, ci sono anche contenitori da riempire perché rimasti dannatamente vuoti. Per Maverick vuoti di tutte quelle vittorie che sarebbero dovute arrivare quando chiunque lo considerava la grande promessa delle corse. Per Jorge, invece, il vuoto enorme che è rimasto dopo la grande bugia che s’è raccontato. E che ci ha raccontato: “le corse non mi mancano”.
Se l’era detto e l’aveva detto quasi per prendersi una rivincita verso un passato di ossessione sportiva, prima di suo babbo e poi anche sua, verso una vita totalmente votata al verbo “vincere”. Anche la decisione di smettere quando forse c’era ancora tanto da dare è stata, per Jorge Lorenzo, figlia di quella rivalsa lì, come una reazione scomposta e rigettante a una qualche sensazione di nausea. Poi, però, è passato il tempo e Jorge Lorenzo s’è accorto che quella che gli sembrava nausea era, in realtà, sostanza. E che nessuna sensazione – nemmeno tra tutte quelle che può procurarsi chi ha guadagnato abbastanza per godersi cento vite di fila – sarà mai paragonabile non tanto alla vittoria, ma alla sua ricerca. Ecco, mettendosi a lavorare con Maverick Vinales, Jorge Lorenzo ha smesso di raccontarsi una bugia. E pure di raccontarcela. E la sfida che s’è preso è grossa perché, adesso, è stato abbastanza lontano dalle corse da avere bisogno di tornare non come la leggenda da celebrare, ma come un debuttante. Solo che un debuttante non tra i piloti, ma nella scuola dei grandi maestri.
I greci avrebbero parlato di “paradoxo daskálou”, il paradosso di chi insegna, che non è la volontà di trasferire esperienza e sapere, ma più egoisticamente e altrettanto nobilmente, colmare un vuoto quando l’età, le circostanze o la stanchezza suggeriscono di riporre il casco senza ripudiare il circuito. Che poi è la condizione necessaria per insegnare non una serie di nozioni o dati, ma la testimonianza di un vissuto. Ricordando. Correggendo. Consigliando. E, contestualmente, ritrovando il brivido e la nausea di una appartenenza a cui, tanto, non si può sfuggire. E’, per farla cortissima, donare per ricevere. Basterà per rivedere Maverick Vinales sul tetto del mondo? Forse no, vista anche la situazione di KTM, ma quello sarà il cronometro a dirlo o chi racconta lo sport. Per ora vale la pena raccontare due uomini che forse hanno raccontato a loro stessi qualche bugia e adesso provano a essere l’uno per l’altro un’occasione di verità.