Il fermo immagine di Luca Marini che tocca l’asfalto con la spalla all’uscita delle Curve Dunlop di Le Mans, per tenere in piedi la sua Ducati, è ancora ben impresso nella memoria degli appassionati. Al numero 10, in Francia, è bastato calpestare la parte più scalinata del cordolo giallo e blu della prima chicane per perdere l’avantreno della GP22. Il successivo “colpo di gomito” - con cui Luca sarebbe entrato di diritto nella Hall of Fame dei salvataggi più incredibili della storia del Motomondiale - non è stato sufficiente per evitare il contatto con Alex Marquez, che arrivava da dietro e aveva visuale ridotta.
Oggi, a quasi un mese di distanza dall’episodio, tiriamo ancora un sospiro di sollievo guardando il replay. Considerata la dinamica pericolosissima dell’incidente (investimento), Alex Marquez si è rialzato in piedi come se nulla fosse, mentre Luca ha riportato “solo” la frattura del trapezio del polso destro, oltre a qualche ammaccatura minore. Se il numero 10 nutre ancora qualche dubbio in merito alla sua condizione fisica in ottica Mugello, dall'altra parte spazza via qualsiasi perplessità quando gli si chiede di trarre un primo bilancio di questo suo avvio di 2023. Marini, nonostante qualche livido qua e là, ha l’espressione riposata e l’occhio, come sempre, vispo. Mentre chiacchieriamo, Luca dà per qualche minuto le spalle al pubblico di "MotoGP On Stage". A fine serata sarà uno degli ultimi a lasciare l’Arco della Pace dopo un’interminabile sessione di foto e autografi.
Luca! Come stai dopo la gran botta di Le Mans?
“Non male, la frattura che avevo nell’osso della mano si è rimarginata, però mi dà un po’ fastidio l’edema che ho, e anche i tendini del polso non sono al massimo. Ancora non ho provato sulla moto, quindi bisogna vedere venerdì come saremo messi. A stare normale come sono adesso sto bene”.
Possiamo dire che i quattro weekend di pausa siano arrivati nel momento perfetto per te?
“Sono stati fondamentali, sennò non avrei potuto correre (sorride)”.
Qual è la prima immagine che ti viene in mente quando pensi al Mugello?
“L'Arrabbiata Uno. Mi viene in mente quella perché è la curva più bella di tutte le piste del Mondiale, una curva che mi piace moltissimo fare. Il Mugello mi ricorda sempre l’emozione che si prova quando percorri quel tratto”.
Se l’Arrabbiata Uno è il punto più emozionante, il dosso della San Donato è il più pauroso del Mondiale?
“No, pauroso mai. Forse solamente al primo giro delle FP1, quando devi un attimo prendere le misure, ma poi ti abitui”.
L’anno scorso al Mugello hai chiuso sesto dopo una gara bellissima: costantemente nel gruppo di testa, battaglie con Bagnaia e con Quartararo. Da lì in poi hai infilato una serie di top 5 e di weekend di gara davvero solidi. Quella domenica ha rappresentato una svolta per la tua carriera?
“Sì, l’anno scorso avevo iniziato ad andar meglio dai test di Jerez, poi già a Le Mans ero andato abbastanza bene e alla fine al Mugello sono andato molto forte. Partivo in prima fila, ho fatto una gara tutta nel gruppo di testa, lottando per il podio fino alla fine, quindi è stata la prima gara in cui ho iniziato davvero a lottare per le posizioni che contano anche in MotoGP”.
A margine dei test in Malesia di quest’anno hai detto che ti sentivi più cresciuto dopo i tre mesi invernali rispetto a tutta la stagione 2022. In cosa, esattamente, ti senti maturato?
“Non lo so, è stata una cosa che ho sentito dentro di me. Fisicamente mi sentivo meglio, più a posto, più preparato e mentalmente conscio di avere una situazione che mi piace, una squadra con cui mi sento molto bene. In inverno abbiamo provato a curare tutti i dettagli per far funzionare ogni cosa. Parlo proprio a 360 gradi: dal cibo che mangiamo in hospitality, alle persone con le quali lavoro quando scendo dalla moto e alle quali devo riferire le mie sensazioni”.
Nonostante le grandi prestazioni di Austin e di Jerez di quest’anno, forse, per quanto hai seminato in pista in termini di velocità e costanza, non hai ancora raccolto proprio il massimo. C’è ancora un po' di margine?
“Sì, sono d’accordo. Molte volte per un motivo o per un altro è mancato qualcosa. Ma in questa MotoGP di adesso è davvero difficile riuscire sempre a mettere tutto assieme. La qualifica e la partenza contano tantissimo. Ci sono quei weekend in cui parti male, o quei weekend in cui parti dalla terza o dalla quarta fila che sai già che sarà una gara difficile. Difficile mettere tutto assieme, quando poi ci riesco poi sicuramente sono sempre lì a lottare per il podio”.
Bagnaia alla Gazzetta dello Sport ha detto che, se fosse per lui, dedicherebbe il venerdì esclusivamente alle prove libere e al sabato mattina introdurrebbe delle qualifiche in stile Formula 1, con Q1, Q2 e Q3. Cosa ne diresti?
“Ci dovrei pensare. Sicuramente avere del tempo per sistemarci aiuterebbe tanto e aiuterebbe tutti, ma tanto il format non lo decidiamo noi (Ride). Quindi dobbiamo sfruttare al massimo quello che abbiamo”.
Quest’anno è più facile per il Team Mooney VR46 avere sia te che Marco Bezzecchi con la stessa moto?
“In realtà cambia poco rispetto all’anno scorso, perché con Ducati già si potevano vedere i dati di tutti. Avere moto leggermente diverse, per quello che dobbiamo guardare noi piloti, non è un problema. Capiamo ugualmente. A noi piloti serve capire più ciò che riguarda questioni di guida, poi ci sono gli ingegneri che vanno a vedere altre cose più nel dettaglio. Infatti ora guardo principalmente Pecco, che ha una moto un po' diversa dalla mia”.
Un tuo obiettivo da qui a fine stagione? Non dev’essere per forza in ambito sportivo e non può essere la vittoria.
“(Ci pensa per qualche secondo)…Essere organizzato bene ed essere un po' più sereno”.