“L’amara scoperta che Dio non esiste ha ucciso la parola destino. Ma negare il destino è arroganza”. E’ solo una riga, l’incipit di un capitolo di un capolavoro della lettura moderna. Ma quella riga – per la verità l’intero incipit – è come un fazzoletto per andare a asciugare lacrime, o come un pugno che viene da sferrare al muro per scaricare la frustrazione di qualcosa che proprio non volevi sapere. Ma con cui devi fare i conti. E’, per dirla in confidenza, la pagina che assolve, e in qualche modo coccola e perdona, l’egoismo di chi fa il mestiere del raccontare. Quando? Quando ciò che c’è da raccontare non piace affatto. E magari fa anche un po’ male. Capita, purtroppo, molto più spesso di quanto ci si aspetti e è capitato, ancora, questa mattina, con la notizia della morte di Luca Salvadori. Aveva 32 anni e era un amico di MOW, uno di quelli che c’era e ti prendeva sul serio anche quando MOW non era nella memoria della barra degli indirizzi nemmeno dei parenti stretti di chi ci scriveva dentro.
Lo dico subito: Luca Salvadori ti prendeva talmente tanto sul serio da risultarti, a volte, pure irritante. Perché era puntiglioso, perché voleva che dalle sue parole uscisse sempre un punto di vista e mai un desiderio sterile di fare male a qualcuno. E magari ti richiamava dieci volte per limare, sistemare, aggiustare il tiro. Lo ammetto: sul momento dava fastidio. Poi, però, finivi per vederci tutta la passione di uno che è innamorato di quello che fa e che, giustamente, vuole che quell’amore risulti evidente sempre. Sempre e come prima cosa. C’è chi lo ha conosciuto meglio e più di chi firma questo pezzo; dentro MOW con qualcuno c’era amicizia vera e il ricordo del ragazzo, dei suoi modi, della sua intensità, spetta a altri. E’ giusto così. E allora viene da andare a cercare quel libro di Oriana Fallaci, sempre pronto a portata di mano, e sfogliare fino a arrivare a quel capitolo che aiuta a trovare le parole quando le parole ti si congelano nelle dita dopo che i tuoi occhi hanno letto una notizia tremenda. E tragica.
“L'amara scoperta che Dio non esiste ha ucciso la parola destino. Ma negare il destino è arroganza, affermare che noi siamo gli unici artefici della nostra esistenza è follia: se neghi il destino, la vita diventa una serie di occasioni perdute, un rimpianto di ciò che non è stato e avrebbe potuto essere, un rimorso di ciò che non si è fatto e avremmo potuto fare. E si spreca il presente rendendolo un'altra occasione perduta”. Ecco, sprecare il presente è ciò che Luca Salvadori non ha fatto, che poi è l’omissione meravigliosa di quelli che hanno sempre un’idea, sempre un punto di vista, sempre un sogno da inseguire o un traguardo a cui passare sotto. E viene tanta rabbia, piuttosto, per quelli che il presente lo sprecano.
Sì, ci sono anche oggi e basta scorrere i social. Andando a guardare i commenti sotto i vari post che raccontano della morte di Luca Salvadori. Perché insieme alle migliaia di espressioni di cordoglio, di sgomento, di dolore o di sofferenza, non manca mai, purtroppo, anche il commento di quelli che sprecano il presente. Come? Puntando il dito verso un nemico, cercando qualcuno a cui fare la guerra, scoficchiando con il naso per terra come i maiali alla ricerca di una colpa. O di un colpevole. Con Luca Salvadori hanno avuto vita facile, sia quando Luca c’era, sia adesso che Luca non c’è più. E il grande nemico di oggi, per gli sprecatori di presente, sono le corse su strada.
Sì, sono pericolose. Sì, nelle road race si muore. Sì, è da decenni che si dibatte sull’opportunità che esistano o meno. Ma esistono. E probabilmente sono anche la vera essenza della velocità. Basta guardare gli occhi di un pilota di corse su strada. Basterebbe, invece di commentare alla caz*o di cane la notizia di un ragazzo che è morto, andare a guardarsi uno dei video in cui quel ragazzo che è morto racconta di come e di quanto si sia innamorato delle corse su strada. Del sogno di arrivare un giorno sul Mountain dell’Isola di Man per respirare tutta la vita che si respira al TT. Nella corsa delle corse. Quanta vita c’è in quei video di un ragazzo di cui oggi raccontiamo la morte? Ecco, basterebbe rispondersi per fermare le dita e evitare commenti che non hanno senso. Che dimostrano di non capire fino in fondo. Che spiegano quanta aridità c’è in chi proprio non riesce a fare i conti con la passione quando è grande. Magari solo perché non si è capaci di provarne altrettanta e per essa spendersi. Fino a accettare il destino, qualunque sia. Cari sprecatori di presente, non serve sempre un nemico e le road race non c’entrano niente. Luca Salvadori è morto amando. E è tutto quello che conta davvero. C’entra il destino – che ha deciso così persino per uno come Luca Salvadori – e c’entra, semmai, l’arroganza di chi, oggi, non rende abbastanza onore alle uniche due leggi che dovrebbero contare davvero davanti alla morte di un pilota: il cuore quando batte e una moto quando corre. Non sprecare il presente è rendersi eterni e questo l’ultimo grande messaggio di Luca Salvatori, mentre gli uomini piccoli aizzano la guerra.