Lewis Hamilton è vicino, vicinissimo a mettere a segno un’impresa che fino a qualche anno fa sembrava impossibile, eguagliare il record di vittorie in F1 di Michael Schumacher. Potrebbe riuscirci già a Sochi, questo fine settimana. Ed è inevitabile che scattino i paragoni tra i due, con i fan del Kaiser pronti a tacciare il prossimo di lesa maestà. Schumacher – dicono loro – è il migliore. Hamilton è stato solo fortunato a capitare nel posto giusto al momento opportuno. Chi invece è un estimatore di Hamilton è ovviamente pronto a sostenere il contrario.
Ma, da qualsiasi punto di vista la si voglia guardare, si tratta di un esercizio inutile: i risultati in F1 sono troppo legati alla monoposto per poter comparare in modo sensato piloti di epoche diverse. Lo sviluppo tecnologico è esponenziale, e non consente di mettere a confronto chi non si è scontrato ad armi pari. Anche se si parla di uno scarto di pochi anni, come quello tra Schumacher ed Hamilton, che in pista hanno sì convissuto ai tempi in cui il Kaiser correva per la Mercedes, ma non hanno mai lottato veramente tra loro.
L’unica risposta apparentemente oggettiva alla domanda su chi sia il migliore di tutti i tempi è quella statistica: ora Schumacher, a breve Hamilton. Ma anche questo dato è comunque fallace, perché non si può negare che sia Schumacher che Hamilton abbiano avuto per le mani delle monoposto spaziali, frutto di una miracolosa coordinazione tra risorse, intenti e genio ingegneristico. Pochissimi in F1 sono stati in grado di fare la differenza con un cancello. E nessuno di questi è riuscito a battersi per il mondiale.
Se nemmeno il dato statistico offre una risposta, allora restano solo le considerazioni di pancia. Che variano a seconda dell’epoca d’oro vissuta in prima persona: i nati tra la fine degli anni Ottanta e la metà dei Novanta indicheranno il Kaiser. I loro genitori, molto probabilmente, Gilles Villeneuve, grandissimo talento inespresso. Di una categoria ancora più difficile da valutare razionalmente. Personalmente, se dovessi fare una valutazione soggettiva, in barba all’anagrafe direi Ayrton Senna. Però ne sono rimasta affascinata ex post, quando era già entrato nella leggenda, con l’aura mistica che ne consegue.
Ma, a prescindere da valutazioni di carattere personale, se una risposta non c’è, le polemiche diventano inutili. Le faide tra le diverse correnti di pensiero non hanno senso di esistere, perché non c’è modo di venirne a capo: è una questione annosa che è vecchia quanto la Formula 1. E allora non resta che celebrare il pilota del momento, Hamilton. Odiatissimo da chi si è dovuto accontentare solo delle briciole nell’era dell’ibrido, ma campione vero. E su questo, al netto delle antipatie, non ci piove.