Ricordate quando c'erano Ginnaste – Vite Parallele su MTV e Make It or Break It su Disney Channel? Quei programmi, con il loro mix di sport e dramma adolescenziale, ci permettevano di seguire la vita quotidiana delle atlete, ce la facevano assaporare, immaginare, svelando gli sforzi, le delusioni e i trionfi che si celano dietro a una medaglia. Oggi, invece, di ginnastica se ne parla solo ogni quattro anni, durante le Olimpiadi, e magari anche agli Europei. Poi, il nulla. Ma perché?
Le Olimpiadi accendono inevitabilmente i riflettori su sport che, per il resto del tempo, vivono nell'ombra. Tra questi, la ginnastica – sia artistica che ritmica – è forse l’esempio più emblematico. In pochi giorni, campionesse come Simone Biles, Sofia Raffaeli, Alice D’Amato passano dall’essere sconosciute al grande pubblico a eroine nazionali, solo per poi tornare, una volta spenti i riflettori, in quel silenzio che sembra inghiottire tutto ciò che non è calcio o reality show. In questo caso, nonostante i successi delle italiane a Parigi 2024, la disciplina rischia di scomparire rapidamente dall'attenzione mediatica eppure resta un’arte affascinante che invece richiederebbe una dedizione assoluta. Grazie a un mix perfetto di forza, grazia e disciplina, guardare una ginnasta eseguire un esercizio è come assistere a uno spettacolo che però non viene trasmesso in mondovisione con facilità. Tuttavia i social ci mostrano quanto il pubblico apprezzi, ma è una passione che si spegne, soffocata dalla mancanza di copertura mediatica continua.
Le opzioni per seguire la ginnastica esistono, ma i canali e le piattaforme sono spesso trascurati dal grande pubblico. Sky Sport, Eurosport e Discovery+ offrono una copertura dedicata, ma il problema sta nella visibilità e nell'accessibilità di questi contenuti al di fuori dei grandi eventi. Molte persone non sanno dove cercare o non sono abituate a seguire questo sport regolarmente perdendosi quindi le competizioni che si svolgono durante l’anno. Questo complica ulteriormente la comprensione della disciplina, che necessita di spiegazioni, di telecronache specifiche e rischia la perdita di interesse.
La recente impresa delle "Farfalle" italiane, con la conquista del bronzo nella ginnastica ritmica, ha riportato l’Italia sotto i riflettori internazionali. Alice D’Amato e Sofia Raffaeli hanno scritto pagine importanti nella storia dello sport italiano, con D’Amato vincitrice del primo oro nell’artistica e la seconda autrice del primo podio italiano nella ritmica. Anche Angela Andreoli, promessa dell’artistica a soli 17 anni, ha iniziato a farsi notare, e lo stesso vale per altri talenti a livello mondiale, che spesso vengono scoperti solo in occasione di questi eventi. Perché? Perché la ginnastica rimane uno sport di nicchia che emerge prepotentemente solo durante le grandi rassegne sportive.
La televisione è cambiata, così come il modo di fruire dei contenuti sportivi. Un tempo, programmi come Ginnaste – Vite Parallele erano un punto di riferimento per gli appassionati, rendendo celebre lo sport e figure come Carlotta Ferlito, ma oggi manca un’offerta simile. La ginnastica necessita di un tipo di intrattenimento diverso dagli altri sport, perché si distribuisce diversamente nell’arco di un anno e non può essere seguita solo tramite le gare. Serie come Corpo Libero o All Around, nata in occasione dei Giochi, ricordano come il motorsport abbia trovato nuova vita grazie agli investimenti di Liberty Media e Netflix, dimostrando che il problema non è la mancanza di pubblico interessato, ma la scarsità di contenuti adeguati. Recentemente, i successi di Simone Biles e la serie a lei dedicata su Netflix hanno confermato questa teoria. È uno sport che merita di essere visto, capito e celebrato.
Forse non è solo una questione di mercato, forse i dirigenti televisivi considerano prioritari contenuti meno impegnativi o pensano che la ginnastica non abbia sufficiente appeal per sostenere un canale dedicato. Piattaforme come “SportFace”, nonostante la registrazione gratuita, rimangono poco conosciute e non tutti sanno che molte competizioni si possono guardare su YouTube, tramite i canali della FIG. Eppure, la curiosità di scoprire la fatica dietro ogni esibizione in pedana è in crescita, e i media sembrano finalmente riconoscere la necessità di dare a questo sport lo spazio che merita. Ignorarlo significherebbe perdere l’opportunità di celebrare atlete straordinarie e arricchire la cultura sportiva con una disciplina capace di emozionare come poche altre. Le storie personali delle atlete sono fondamentali e non dovrebbero rimanere intrappolate in un circolo vizioso, in cui la scarsa copertura mediatica riduce l’interesse e l’interesse limitato giustifica una visibilità ridotta. In un’epoca dominata da reality e talent, c’è ancora tempo per trovare una soluzione che metta in luce la determinazione e il talento di queste giovani donne—e si spera che accada presto.