Fa sorridere, eppure gli accordi più importanti degli ultimi mesi in MotoGP li ha chiusi Diego Tavano, manager planato nel paddock dal mondo del pallone e quindi estraneo alle dinamiche del motomondiale. Per Fabio Di Giannantonio è riuscito a siglare il “ripescaggio” nel VR46 Racing Team lo scorso anno e adesso, continuando su quella strada, un biennale direttamente con Ducati (per 2025 e 2026) che garantisce a Diggia la stessa moto che guideranno Pecco Bagnaia e Marc Marquez, oltre a nuove possibilità per giocarsi il mondiale e avvicinarsi alla squadra rossa. Sono i primi giorni di agosto, da Borgo Panigale è arrivato l’annuncio e noi ci siamo messi al telefono con l’uomo che l’ha messo in piedi: “Meno male che abbiamo risolto prima, ora è un momento enorme per il calcio mercato”, dice lui. Tavano è di ritorno dalla Sardegna, ha appena finito di lavorare alla trattativa tra Amir Richardson e Fiorentina.
Allora Diego, quando è iniziata la trattativa con Ducati?
“Al Mugello stavamo parlando con una certa intensità, il Sachsenring è stato decisivo”.
C’è un video in cui Fabio Di Giannantonio dice che quello della firma è stato uno dei tre giorni più belli della sua vita. Per te che sei un uomo con figli che oltretutto di mestiere non fa lo sportivo… che momento è stato?
“Per me è stato un evento di vita, non di lavoro. Già questo è significativo. Sportivamente è forse il più grande deal della mia vita: avere Fabio con moto factory e un contratto ufficiale è come aver portato un mio calciatore al Real Madrid, al Bayern Monaco, al Chelsea… ma sì togliamo il forse, è il miglior accordo che abbia mai siglato. Anche perché umanamente non si può descrivere quello che si è creato tra Fabio e me”.
Proviamoci.
“Lui diventa vice campione del mondo della Moto3 nel 2018 con duemila problemi, una causa con il Team Gresini, gli avvocati di mezzo… andavamo in tribunale. Poi siamo passati alla Moto2 tra alti e bassi, ma sempre combattendo. E quello che mi piace di Fabio è che non ha mai mollato, anzi. E ha dato anche a me tanta energia. Quello che siamo riusciti ad ottenere dopo essere passati per l’incredibile ottobre 2023, quando siamo rimasti spaesati per l’annuncio di Marc Marquez… pensavamo fosse impossibile”.
Aspetta, facciamo un passo indietro: nel 2018 entrate in causa col Team Gresini, poi però vi ritrovate in MotoGP. Come è andato il ricongiungimento?
“Non me lo dimenticherò mai, fu in Austria nel 2020. Noi correvamo con SpeedUp, ci incrociammo al parcheggio con Fausto Gresini e Carlo Merlini. Facemmo un po’ di battute, considera che fino a quel momento c’era stata una grande freddezza. Da lì abbiamo cominciato a chiacchierare e devo dire che Carlo Merlini è stato molto bravo, ha fatto lui da regista. Dopo un po’ siamo riusciti a far parlare Fabio e Fausto a Misano: nonostante tutto quello che era già successo si vedeva che Fausto aveva un debole per Fabio, così ci siamo trovati a casa Gresini ed è stato un incontro da pelle d’oca. Questa cosa ha dato il via a quel contratto che sicuramente è stato decisivo per la carriera di Fabio, anche perché per noi questa apertura di Fausto è stata molto significativa: parliamo di un personaggio enorme che, nonostante tutto, aveva deciso di darci un’altra occasione, credeva molto in noi”.
Fausto Gresini ci aveva visto lungo, fino all’anno scorso sarebbe stato impossibile scommettere su Di Giannantonio con un biennale in Ducati. Così come nessuno avrebbe mai scommesso su questi tre anni che Fabio e il VR46 Racing Team passeranno assieme.
“In quel periodo eravamo un po’ offesi col Team Gresini, anche se parlando con Nadia sono sempre stato onesto: arrivava Marc Marquez, la scelta era comprensibile. Gli giustificai, anche se col cuore spezzato. Quest’anno abbiamo capito che quando arriva la tempesta Marc Marquez nessuno riesce a controllarla. Fabio mi disse di stare tranquillo, che entro fine anno avremmo vinto una gara, che ci saremmo stati dentro: il merito di quello che è successo poi è tutto suo. E i tre giorni del Qatar rimarranno indelebili nella mia vita, quella vittoria è uno dei ricordi più belli che ho. Il venerdì camminavo gobbo per il paddock, il sabato ho addrizzato la schiena e dopo la gara, domenica, stavo col petto in fuori. Pensavo, come dice il grande Guido e come ha detto quel giorno al traguardo, Diggia c’è. Ad un certo punto ho incrociato Uccio, con un gran sorriso mi ha detto che dovevamo parlare”.
La cosa grossa però è successa oggi: due anni con contratto diretto con la Ducati, moto ufficiale. È evidente che si sia creato un buon rapporto tra voi e i ragazzi di Tavullia.
“Il Team VR46 ormai è una famiglia. Mi avevano detto, sbagliando, che era una squadra chiusa, mi avevano detto ‘figurati il romano che arriva lì come lo trattano’. Invece la dedizione che hanno avuto con Fabio è stata impressionante, l’ospitalità… da quando abbiamo firmato non ho avuto più dubbi, sapevo che si sarebbe comportato bene e che sarebbe cresciuto anche sportivamente. È un team con le palle, dove nulla è lasciato al caso, c’è un motivo se sono diventati il riferimento per Ducati. Uccio Salucci, Pablo Nieto, Gianluca Falcioni e il boss, che ogni tanto si fa vedere… per loro il pilota è al centro dell’universo”.
Nel cerchio magico di Fabio Di Giannantonio c’è anche un altro Fabio, Fob. Il suo ‘Uccio’ personale. Che rapporto hanno?
“Sì, Fob! Lui è Fabio Sparesotto, segue Diggia dal mondiale 2019 in Moto2. Penso che non esista persona più adatta per stare lì: è equilibrato, bravo nella lettura dei dati, capace di dare degli input che a volte fanno anche la differenza. Poi loro due sono migliori amici, vederli così connessi a volte è anche emozionante. Fob questo mestiere di ‘Uccio’ lo fa con un’umiltà senza pari e devo dire che per quanto Diggia abbia mostrato carattere, due palle così, se non avesse accanto tutte queste persone sarebbe diverso. E Fob è insostituibile”.
Quest’anno per voi solo cose belle: è venuta anche Yamaha con il Team Pramac a tentarvi. Come è andata?
“È stata una bella sensazione. Approfitto per ringraziare Paolo Campinoti e Gino Borsoi perché sono persone di grande spessore, corrette, brave a gestire questa sorta di corteggiamento a Fabio quando ancora non sapevano che moto avrebbero avuto. L’offerta Yamaha era importante, però tutto il pacchetto che Ducati ci ha riservato è stato decisivo. A 25 anni devi provarci, l’ambizione viene prima di qualsiasi cosa. Cosa ti cambia un orologio in più, una macchina in più, rispetto alla possibilità di poter fare il massimo nello sport che ami, nella passione per cui hai fatto tantissimi sacrifici? Dài, arrivare lì con una delle tre moto factory è tantissima roba”.
Oggi Marc Marquez e Fabio Di Giannantonio sono in competizione per la prima vittoria con una Ducati GP23. Cosa manca a Diggia per vincere?
“Ci è mancato sempre qualcosina e siamo stati un po’ sfortunati. Per le prime posizioni dobbiamo riuscire a incastrare un po’ tutto, ma per essere lì davanti con la GP23 dev’essere tutto perfetto. Se dovessi scegliere una pista in particolare su cui fare qualcosa di diverso ti direi l’Indonesia”.