Sono passati otto anni dall’ultima volta che è successo: tre italiani sul podio di un gran premio della MotoGP. All’epoca i nomi erano altri e, chiaramente, erano altre anche le storie, con Fabio Di Giannantonio, Pecco Bagnaia e Luca Marini che oggi a Losail hanno scritto una pagina di motorsport che resterà nella memoria degli appassionati. Perché? Perché hanno in qualche modo vinto tutti e tre, dimostrando un paradosso: vince solo chi è capace di arrendersi alla motivazione.
Di motivazione ne aveva tanta, tantissima, Luca Marini. Perché per lui sono stati giorni strani. Perché l’anno prossimo guiderà probabilmente una Honda anche se tutti lo stanno prendendo per matto per via di una scelta che avrebbero fatto in pochi. Perché ha insistito con la gomma soft quando tutti gli altri, invece, hanno puntato sulla hard. E perché voleva difendere la pole position conquistata con un tempo stratosferico nella giornata di ieri, per provare a salutare la Ducati e la squadra che porta il nome di suo fratello, Valentino Rossi, con un risultato che avesse un sapore speciale. La motivazione, però, è anche quella roba lì che non ti fa godere neanche quando c’è da godere, con Marini che a fine gara sembrava più rammaricato per quanto accaduto nella fase centrale della gara che per il podio messo nel sacco: “Con Alex Marquez e Brad Binder ci siamo messi a bagarrare in maniera pesante e abbiamo perso un sacco di tempo – ha spiegato – E’ un peccato, perché forse avrei potuto riprendere i due davanti”.
Non li ha ripresi per circostanza di gara, ma non li ha ripresi, probabilmente, anche per il peso stesso delle motivazioni. Quella di Pecco era accompagnata pure da una più che significativa dose di rabbia. “Oggi ho fatto quello che dovevo fare ieri, solo che non m’è stato possibile – ha ribadito il campione del mondo – Ieri ho sofferto come un matto con la gomma posteriore e tutto quello che avevo in mente per la gara è andato a farsi benedire. Oggi la gomma ha funzionato bene emi sono in qualche modo ripreso quello che consideravo mio”. Lo considerava suo, ma evidentemente non quanto Fabio Di Giannantonio. E è alle motivazioni che si torna. Perché se Pecco Bagnaia ieri ha dovuto arrendersi a Michelin (esattamente come accaduto oggi a Martin), oggi s’è arreso a un Fabio Di Giannantonio che la vittoria non l’avrebbe lasciata in mano a nessun altro. E per nessuna ragione al mondo.
Il pilota romano è rimasto a piedi e fin qui è noto a tutti. Però ha continuato a lavorare e più le prospettive per il futuro venivano meno, più sono cresciuti i suoi risultati. In Qatar il Diggia c’è arrivato con una delusione tremenda che avrebbe potuto paralizzarlo, ma che invece lui ha metabolizzato come energia, come spinta in più. Fino a mettersi alla ruota di Pecco, fino a riprendersi la seconda piazza dopo l’attacco di Luca Marini e quello di Alex Marquez, fino a trovare persino la lucidità di chiedersi cosa fare. “Certo che me lo sono chiesto – ha detto il romano con gli occhi ancora lucidi – Me lo sono chiesto perché lo so che Pecco si gioca un mondiale, ma sapevo che Martin era lontano e sapevo, ancora di più, che io dovevo dimostrare di saper vincere in MotoGP. Ne avevo un po’ di più rispetto a Pecco nella seconda fase della gara, ma non volevo fare danni e ho aspettato un po’ prima di attaccarlo, per essere sicuro che non avrei vanificato la mia domenica e neanche la sua”.
Un pensiero, quello di Di Giannantonio, che non è stato, paradossalmente, dello stesso Pecco. Perché il campione del mondo in carica ha provato a resistere all’attacco del romano, finendo lungo e giocandosi la bellezza di tre secondi dopo una uscita di pista che poteva addirittura costargli il mondiale. Non è successo. Perché è stato bravo, ma pure perché il destino, nello sport come nella vita, prima o poi ti restituisce quello che ti ha tolto. “Ogni tanto bisogna avere fortuna, oggi l’ho avuta” – ha ammesso Pecco. Il destino lo fa anche quando le colpe non ci sono e a saperne qualcosa, in questa domenica di Losail, è purtroppo (perché sportivamente è solo “purtroppo” che si può dire) è stato proprio Jorge Martin. La gomma capricciosa, questa volta, è toccata a lui, con lo spagnolo che ha tagliato il traguardo in decima posizione, guardandosi dietro proprio per capire che diavolo avesse fatto quello pneumatico, ma impennando comunque, onorando lo sport come fa un campione anche nel giorno in cui, probabilmente, ha dovuto prendere atto che non sarà campione…almeno in questo 2023.