“Serviva un docufilm per ammettere il biscotto?” – E’ uno dei tanti commenti trovati in giro in questi giorni sui social dopo l’uscita del docufilm su Prime Video “All In Marc Marquez”. Sei puntate per ripercorrere i tre anni più tremendi della carriera dell’otto volte campione del mondo di motociclismo, ma anche per ritornare su alcuni episodi della sua storia sportiva che ne hanno fatto il personaggio più discusso della MotoGP.
Su tutti, manco a dirlo, gli ormai famosi – tritati e ritritati – fatti del 2015, con Marquez che questa volta, però, ha aggiunto un pezzo in più nel racconto: “Dopo tutto quello che avevo subito, perché avrei dovuto dare tutto per sorpassare Lorenzo a Valencia?”. Una domanda che vale una ammissione o, se vogliamo, una mezza ammissione. Perché se è vero – e fino a prova contraria abbiamo il dovere di crederci – che Marc Marquez non ha architettato proprio nulla per favorire Jorge Lorenzo nella corsa a quel titolo mondiale, è altrettanto vero che adesso il fenomeno di Cervera ha ammesso di aver fatto qualcosa affinchè a vincerlo non fosse Valentino Rossi.
Non tanto nelle bagarre tiratissime in pista in quella stagione, ma dopo l’uscita in conferenza stampa in cui Valentino Rossi aveva attaccato pubblicamente Marquez. “Quando annunciavano il mio nome sulla griglia di partenza – ha raccontato Marquez – tutti fischiavano. Ok, i fischi non dovrei ascoltarli, ma mi hanno dato fastidio”. Tanto è bastato per mettersi di traverso. Per lottare a denti strettissimi in Malesia e contribuire a scrivere (non senza responsabilità anche da parte di Valentino Rossi) il pezzo più brutto (ma anche il più spettacolare) della storia della MotoGP. Il resto è successo a Valencia, con Valentino che era partito dall’ultima posizione e Marc Marquez che, pur avendone, non ha usato lo stesso metro usato con Rossi a Sepang. “Perché, dopo tutto quello che avevo subito, avrei dovuto andare a rischiare oltre il limite per provare a attaccare Lorenzo in quell’ultima gara di quella stagione?”. Una domanda posta dallo stesso Marquez e che, soprattutto sui social, ha suonato di confessione. Ma basta per dire che Valentino Rossi è il vincitore morale del mondiale 2015 e che il documentario consegna il decimo al Dottore?
Probabilmente no, non basta, ma basta per dire che Valentino Rossi avrebbe vinto quel mondiale se in quello stesso mondiale non si fosse sparso il seme dei complotti e dell’odio. Nonostante, e anche questo è un dato di fatto, non fosse il più veloce in quella stagione, ma il più costante. Chi ha cominciato e come, però, resterà sempre questione da tifosi e verosimilmente a una verità assoluta non si arriverà mai. Quello che viene da chiedersi, piuttosto, è quanto abbia avuto senso, a distanza di sette anni (quasi otto) e in un docufilm prodotto proprio per rivitalizzare la propria immagine alla luce delle tremende fatiche umane patite per tornare a correre, ammettere di essersela legata al dito di essersi messo di traverso in quel maledetto 2015 di cui proprio non riusciamo a smettere di parlare.