È venerdì 17, Marc Marquez compie trent’anni. Lui che lo sport del motore l’ha preso, accartocciato e messo in tasca ora non se lo ritrova più. Fra tre giorni uscirà la serie che ha prodotto di tasca sua, All-In. Fra un mese, in Portogallo, si corre la prima gara. Marc Marquez è un pilota e in quanto tale vive ad un ritmo serratissimo, martellante: anni di contratto, mesi di preparazione, giorni di gara. E ancora turni in pista, tempi sul giro, decimi di secondo. Trent’anni uno così li ha misurati col metronomo. Il pilota, che per natura è costretto a guardare soltanto avanti, non pensa granché al passato perché sta tutto nei momenti. Cogliere l’attimo, essere nel presente: roba da meditazione della domenica pomeriggio che per un pilota rimane vitale.
Compi trent’anni di venerdì 17 e pensi: sfiga. Potevo farli un altro giorno, un’altra volta. Poi pensi qualcosa di peggio, ovvero che a più di trent’anni nessun pilota della MotoGP ha vinto un titolo. Ad andarci più vicino, manco a dirlo, è stato Valentino Rossi nel 2009, quando siglò il 9° e ultimo mondiale della sua carriera. Il nono che manca a Marc per pareggiare i conti nella sua testa, in un confronto tra fuoriclasse riservato soltanto a loro che ha portato la narrazione della MotoGP alle prime pagine dei giornali.
I numeri dicono che ormai non si può più. Che dopo i trent’anni per il mondiale sei vecchio e, nel caso Marquez, non c’è nemmeno la moto adatta per arrivare lì in cima. E poi all’oggi al domani, cadendo, potrebbe perdere la vista e buttare buona parte della sua vita ma milionario, assieme a quella di pilota, dritta nel cesso. Non solo, prestissimo gli si paleseranno davanti dei ragazzini cresciuti con l’idea di portargli via tutto: lo ha fatto Marc con Valentino e altri lo faranno con lui. Perché nelle corse non c’è posto per due imperatori, se vuoi esserlo tu farai bene a sbattere fuori chi c’era prima e chiudere bene la porta. I numeri dicono questo, ma a lui non è mai importato granché. Come non gli è mai importato dei tifosi di Valentino, delle cadute. Nel suo documentario tra le altre cose Marc racconta un aneddoto: Takeo Yokoyama, ora ex direttore tecnico HRC, durante i test di Valencia nel 2012 gli disse che cadere così tanto non avrebbe portato a niente: 12 mesi più tardi Marquez ha vinto il suo primo titolo in MotoGP, passando la stagione a sfottere quel giapponese che su di lui non aveva voluto scommettere. È questo il Marc Marquez che a trent'anni torna a correre pieno di guai. Non per i soldi, forse per la fama. Di certo per la fame, ancora intatta. Che è l'unica cosa di cui gli importa davvero.