All-In è un documentario a puntate interamente dedicato a Marc Marquez in cui si racconta il suo ultimo anno: infortuni, pianti, incertezze, cambiamenti e confessioni, tutto assieme. Disponibile dal 20 febbraio su Amazon Prime Video, All-In punta a raccontare il pilota più criticato della storia con lo stesso occhio invadente di un Grande Fratello. Marc Marquez mostra casa e abitudini, racconta il rapporto con la squadra e quello con il clan, dal padre a cui ha dato dei limiti agli assistenti che dormono nella sua stessa casa. Abbiamo visto i primi tre episodi in anteprima per raccontarvelo al meglio.
Appunti sparsi: All-In è una “Fast Brothers Production”, il che significa che parte del documentario l’ha finanziato lo stesso Marquez con una società fondata assieme al fratello il 6 giugno 2022. Poi qualcuno (in questo caso Amazon) l’ha comprato, ma l’iniziativa è stata sua. Marc Marquez, il pilota più criticato della storia, è stato il primo a produrre una serie autobiografica.
C’è una regola, di quelle valide per il mondo dell’arte, che dice più o meno così: se non te ne vergogni almeno un po’ non hai dato niente, tanto vale che tu lo tenga per te. Può funzionare per un racconto, per una canzone o anche, come in questo caso, per una biografia. Marc Marquez questo esercizio l’ha fatto, sforzandosi di vivere con le telecamere addosso per buona parte delle sue giornate, di far uscire il veleno. Di titoli forti per un articolo ne scorrono diversi ad ogni puntata, dal 2015 con Valentino Rossi alla paura per una vita senza il motore. L’impatto per chi segue le corse è forte, al contrario farà fatica a risultare interessante. Altra cosa: scordatevi il doppiaggio, piuttosto puntate sui sottotitoli.
La solitudine dei numeri uno
Il documentario si apre con Marc Marquez in primo piano, un formato panoramico sfruttato a pieno per mostrare le sei coppe del mondo - una più alta dell’altra - vinte in MotoGP. Marc piange, giusto per darci l’idea che non ci sarà niente di censurato. Nei minuti che seguono fa una serie di ammissioni: racconta che quando parte per le gare non sa se rivedrà il nonno Ramòn, 91 anni, il quale ormai gli consiglia di smettere di correre. Dice che tornare a Jerez è stata la peggior decisione della sua vita e che anche da bambino l’importante era vincere. Il primo ricordo? una caduta in moto. Alex spiega che Marc non si sarebbe mai trasferito a Madrid se non fossero partiti entrambi.
La prima puntata mette in luce l’ enorme solitudine di Marc, che fa tutto per non rimanere solo. Ride davvero come il Joker di Joaquin Phoenix e impazzisce guardando la gara dalla televisione. Nella villa di Madrid alla Tony Montana abita assieme al fratello e al suo assistente, José Luis Martinez. È Alex a convincerlo a non correre a Mandalika dopo l’highside che lo riporta alla diplopia, simulata alla perfezione con immagini sovrapposte.
La ferocia di un fuoriclasse
La seconda puntata apre con Marc si lava i denti, sullo specchio sono attaccate frasi motivazionali da Baci Perugina. Gli episodi non sono a tema, ma questo è concentrato sulla ferocia: “I buoni non vincono mai”, dice lui con convinzione. Poi racconta quel suo modo di intendere le corse, quel modo che negli anni l’ha reso odioso per i tifosi e criticabile per il professionisti: “Se ti dicono che puoi fare un po’ di contatto, allora farai quello e un pochino di più. Lottando all’ultimo giro con Lorenzo, Pedrosa o Rossi… non c’è spazio. Non c’è perché non te lo lasciano. Te lo devi creare tu. A volte va bene, altre male”. Questa cosa è stata detta dai suoi rivali, è stata scritta dai giornalisti. Ora lo ammette anche lui, lasciando intendere che se non fai così non è perché sei bravo. È che non sei disposto a fare quello che serve per essere il migliore.
Marquez parla anche del padre, Julià, che guida il motorhome per tutta Europa ed è sempre presente nel box a guardare le gare assieme al resto della squadra: “Se gli togli il camion, lui muore. Così ho messo dei paletti: gli ho detto ok, va bene, ma zero commenti tecnici, ai meccanici o alla moto. Quella è una barriera sacra per me”. C’è uno scambio di battute, sul volo privato dopo Portimaõ, che riassume piuttosto bene il rapporto tra i fratelli Marquez: “Sono contento che sei rimasto dietro”, dice Marc, 6° al traguardo in Portogallo davanti ad Alex. “Altrimenti tornavi a casa con un Vueling”. Il fratello minore risponde alle telecamere: “Marc è un bello stronzo, ma mica solo in pista… anche in altre cose”. A Le Mans annuncia alla squadra che si sottoporrà alla quarta operazione. Il pubblico lo avrebbe saputo più tardi, in una conferenza stampa straordinaria al Mugello. Due italiani del team gli dicono di aver avuto paura per la riunione nel camion: “L’ultima volta era successo con Casey Stoner, ci aveva comunicato il ritiro”.
Valentino Rossi, il 2015 e il record al Ranch
Terza puntata, Valentino Rossi: “Capisco che dobbiamo parlare di lui”, dice quasi subito. “Il 2015 è stato un anno intenso”. Marc ha raccontato la sua vita. Ha raccontato di essere un bastardo in pista, di non accettare compromessi. E, per forza di cose, ha raccontato del 2015, ammettendo buona parte delle sue responsabilità: “Avrei potuto rischiare per vincere a Valencia? Si. Ma avrei mai aiutato un pilota che mi ha fatto tutto questo per via di un sorpasso? No. Se mi manchi di rispetto, devi sapere che io ho carattere. Ma, soprattutto, ho le palle”. Sul come siano andate le cose Marc ha un’idea piuttosto chiara: “Per me Valentino Rossi è show, era il mio idolo. Nel 2014 dopo Misano sono andato al suo ranch, siamo stati lì tutto il giorno. Abbiamo lottato per fare il record della pista, e a partire da quel giorno…qualcosa è cambiato. La relazione si è un po’ raffreddata, non so perché - piccola pausa e rullo di tamburi - forse gli ha dato fastidio che io abbia battuto il suo record”.
Le prime tre puntate in anteprima ci hanno lasciato addosso notizie grandi e piccole (ad esempio, la disastrosa partenza ad Austin è stata un errore umano, non meccanico) ma soprattutto una grossa convinzione: Marc Marquez non è come gli altri. È più rabbioso, cattivo, determinato. E non vuole fermarsi. L’impressione giornalistica, ancor più dopo aver visto la prima parte di All-In, è che questo sarà il suo ultimo anno con la Honda. In termini di prodotto invece, l’idea è che Marc Marquez abbia fatto un grosso regalo agli appassionati di motorsport: guardatelo per sapere come vive un fuoriclasse, come intende la competizione uno così, diverso da tutti gli altri. È costruito meglio di MotoGP Unlimited (di cui vi parliamo qui) e la scrittura funziona perché non si ha quasi mai l’impressione che si tratti di un prodotto costruito, la spontaneità dei protagonisti è quasi sempre garantita. Vorremmo vedere una cosa simile con tutti i piloti? Sì, certo. A partire da uno che ha smesso di correre.