Le aspettative su MotoGP Unlimited, inutile dirlo, erano altissime. Sarà perché Drive To Survive, prodotto analogo sulla Formula 1, è già alla quarta stagione, o magari perché finalmente la MotoGP plana sul mainstream prodotta da un colosso dell’intrattenimento. Passiamo così dall’aprire la Gazzetta al contrario a vedere il motomondiale tra il documentario di Chiara Ferragni, la saga di Harry Potter e LOL2: un bel passo in avanti. È abbastanza? No. Meglio di niente? Decisamente si. In estrema sintesi, si poteva fare meglio. Tutto sommato però è meglio di qualsiasi altro prodotto analogo, per lo meno in termini di qualità. Se vi piacciono le corse, in definitiva, guardatelo. Ecco perché.
MotoGP Unlimited si presenta con 8 puntate di circa 45 minuti l’una sulla stagione 2021 e promette uno sguardo inedito sui piloti, su quello che hanno attorno e su come funzionano le gare. Il minutaggio, insomma, è più che ragionevole se dovete convincere qualcuno per nulla interessato ai motori a guardarla con voi. Per chi non ama l’inglese però c’è la prima cattiva notizia: il doppiaggio in lingua italiana è a tratti improponibile. I piloti sono doppiati da poche voci tutte simili, la telecronaca sembra quella di una partita di baseball in un blockbuster americano. Non funziona. In lingua originale invece si, ogni pilota parla nella sua lingua e per quello che non capite ci sono i sottotitoli.
Di buono poi ci sono le immagini, sempre bellissime. Bella la fotografia, la correzione del colore, tutto. Amazon ha degli standard altissimi. Ma dalla prima puntata il racconto inizia a scricchiolare: c’è subito tanta cronaca, al punto che i produttori sembrano essersi dimenticati che si parla di una stagione finita da un anno già ampiamente archiviata. Quello che doveva apparire complesso e sfaccettato (la preparazione del pilota, il millesimo che fa la differenza, l’imprevisto meccanico) è in realtà drammaticamente piatto. MotoGP Unlimited vuole raccontare come è andata una gara vecchia di un anno e lo fa semplificando i risultati e gli episodi in pista. I tempi erano compressi, tuttavia si poteva fare meglio.
La sensazione è che, nel tentativo di rispondere ad un pubblico il più ampio possibile, MotoGP Unlimited finisce per collocarsi in una terra di nessuno che toglie forza al racconto: non è abbastanza chiaro per chi non conosce il motociclismo ed è troppo superficiale per chiunque abbia seguito la stagione 2021. Il punto forte del prodotto doveva essere quello che non si vede durante un weekend di gara, ma in realtà - fatta esclusione per qualche sparata - manca l’autentico, il crudo. Non bastano le parolacce (le bestemmie sono state opportunamente censurate) di meccanici e piloti a farci sentire lì, non è sentendo un 'cazzo' che ti convinci di essere a bordo pista. Qualcosa però c’è, Jack Miller ad esempio è un bello spettacolo: in cinque minuti di girato compare con la maglia di Mike Tyson prima e dei Black Sabbath poi, nel box prima della gara dice che deve cagare, rischia il posto e poi vince due gare. Jack funziona quindi, è uno vero, è anche l’unico che ammette candidamente di non aver mai sognato di fare il pilota di MotoGP da piccolo.
Anche l’inizio della prima puntata, aperta da Pecco Bagnaia che segue un tutorial su YouTube per fare il nodo alla cravatta, è decisamente un bel momento. Poi c’è Valentino Rossi. Lui, oltre ad una stretta allo stomaco, è sempre una grande garanzia. Non vederlo in pista nel 2022 ha fatto meno male che vederlo correre nel documentario, mentre Razlan Razali - se Unlimited è una serie lui è il villain - passa il tempo a screditarlo dal minuto uno. Vale però racconta ancora una volta di essere innamorato delle corse e del motociclismo ed è sempre magnetico, ha le parole giuste. L’umanità di Maverick Vinales poi, poco più di un padre bambino di 26 anni, ti fa capire come mai soffre così tanto nel circo del motomondiale. Marc Marquez che torna e vince infine è un'altra storia su cui si potrebbe fare un film. Questo però non basta e, a conti fatti, quello che doveva essere un guardare dalla serratura la vita nel paddock diventa un po’ come fissare un acquario: vedi bene i pesci, ma è difficile sorprenderli a fare qualcosa di interessante. Ne consegue un racconto preciso ma approssimativo, decisamente diluito rispetto alla realtà. Il contrario di Drive To Survive quindi, che è andato nella direzione opposta spettacolarizzando le corse. MotoGP Unlimited arriva con più realismo ed è un bene, ma troppe volte manca di un po’ di profondità. Ad ogni modo vedere i piloti lì, tra film e serie tv, è una soddisfazione così grande che si trasforma quasi in un moto d'orgoglio personale. In estrema sintesi: da guardare sì, ma nei weekend senza MotoGP.