Pronti via e nella domenica del Mugello Marc Marquez sembrava voler ricominciare dalla condotta di gara con cui, quattro settimane fa, l’avevamo lasciato a Le Mans: aggressivo, veloce, aggrappato in equilibrio precario ad una posizione ben più ambiziosa di quella che il mezzo tecnico gli consentirebbe di conquistare. Così l’otto volte campione del mondo, forte del secondo tempo dopo una qualifica in scia a Bagnaia che non ha risparmiato polemiche, ha cominciato a sgomitare con il fratello Alex, con Jack Miller e con Luca Marini nel tentativo di costruirsi una possibilità di salire sul podio, che – va detto – se si fosse realizzata, sarebbe stata un’impresa miracolosa.
Nelle prime fasi della corsa Marc, tra i cambi di direzione del Mugello, appariva agile. In percorrenza curva, tra Casanova-Savelli e Arrabbiate, il Cabroncito era tra i più veloci. Al quinto giro, infatti, il 93, francobollato al posteriore di Luca Marini, staccava dal cronometro un notevole 1’46”880, tempo che resta il quarto migliore registrato nel Gran Premio d’Italia edizione 2023 della MotoGP. I più attenti, però, avranno anche notato come Marc Marquez, già dal primo giro, fosse al limite in ingresso curva. Dopo una decina di pieghe, infatti, l’anteriore della RCV213V aveva lanciato allo spagnolo un segnale chiaro: un bloccaggio in approccio della Scarperia-Palagio che aveva costretto Marc a girare fuori traiettoria e a perdere la posizione sul fratello ducatista. Al sesto giro Marc, inappagato, è scivolato alla Bucine, mentre cercava di preparare un attacco su Luca Marini, fratello del suo più grande rivale. Alla fine dei conti il Mugello e Le Mans, per Marc Marquez, si somigliano. Si somigliano nel risultato: un’ottima qualifica frutto del talento e dell’arte di arrangiarsi, una Sprint Race in zona punti e un ritiro – un DNF – in gara, per cercare di conquistare un gradino del podio. Si somigliano nella dinamica della caduta: due lunghe pieghe a sinistra, Le Musée come La Bucine, dove Marc è finito lungo, sullo sporco, a causa di un precedente inciampo dell’avantreno della sua Honda. L’unica differenza, tra Mugello e Le Mans, sta nella durata del sogno. In Francia, infatti, il podio per Marquez è sfumato ad un giro e mezzo dalla bandiera a scacchi. Oggi, in Toscana, mancavano ben diciotto giri al termine. La conclusione, mesta, fa riferimento al dato esplicito secondo cui l’otto volte campione del mondo, nel 2023, non abbia ancora portato a termine una gara. A questo punto, quindi, è doveroso chiedersi se voglia e fame di risultati, foga e istinto in pista (componenti comprensibilissime nella situazione di Marc Marquez, che hanno reso grande Marc Marquez) non siano deleterie per la situazione tecnica con cui il 93 deve fare i conti. Non sarebbe, forse, più razionale concentrarsi sullo sviluppo della Honda? Concludere sotto la bandiera a scacchi qualche weekend di gara, senza mascherare a tutti i costi le magagne della moto? Capire qual è il reale potenziale del prodotto di Asaka e costruire progressivamente una base di fiducia? Perché la fiducia sull’avantreno, ad oggi, manca a tutti i piloti Honda. È un problema radicato, che comincia a diventare annoso. Joan Mir ed Alex Rins, nel sabato del Mugello, sono finiti all’ospedale a causa dell’imprevedibilità dell’anteriore della RCV213V. Nessuno, in HRC, ha feeling. La confidenza; quella sensazione di controllo, di affiatamento, di fiducia, che difficilmente emerge a suon di rotolate nella ghiaia.
Di certo, al termine della domenica del Mugello, c’è che un Marc Marquez così adirato e diretto non lo vedevamo dallo scorso autunno, quando ai test di Valencia chiese rivoluzioni alla Honda. Asaka, adesso, è davvero alle strette. L’unico fattore che potrebbe lenire sofferenze e difficoltà sarebbe una vittoria. Domenica prossima al Sachsenring – anche questa è una certezza – Marc Marquez non si tirerà indietro: “Si può vincere in Germania, si può vincere sempre. Ma se si vince al Sachsenring non mi serve a niente, perché per andare forte dobbiamo rischiare troppo. Venerdì è caduto Mir, ieri Rins, oggi io. Fortunatamente io non mi sono fatto niente, ma voglio mandare un saluto a Mir e a Rins perché capisco cosa possono provare adesso. Gli auguro un bel recupero. Ho fatto l’errore io quando sono caduto, ma l’errore arrivava dalla staccata precedente. Già al primo giro ho avuto un bloccaggio sul davanti alla curva 10 che non ho capito. Questo è quello che succede con quello che abbiamo, non capisci perché cadi. Anche alla curva 15 ho avuto un altro bloccaggio e sono andato lungo, sapevo di non essere in traiettoria e di essere quindi sulla parte sporca, ma lì ho perso subito il davanti. Dobbiamo rischiare troppo, noi di Honda siamo tutti piloti che vogliono vincere, ma dobbiamo rischiare troppo per raggiungere un buon livello, un livello non necessariamente per vincere ma per non finire decimi o quindicesimi. Nelle curve gli altri non mi vanno via, mi vanno via in accelerazione o in rettilineo, dove non posso fare nulla. Oggi abbiamo avuto un problema al primo giro. In partenza mi hanno passato in tre o quattro e non perché ci mancasse la potenza, ma perché già ieri in Sprint Race avevo avuto un problema, l’ho riferito al box, ma oggi ho avuto di nuovo questo problema. Tutto il team sta lavorando molto, ma non basterà un cambiamento da una gara all’altra, servirà un lavoro per arrivare a Valencia in una situazione migliore”.