È un Marc Marquez velocissimo quello che abbiamo visto al Mugello, soltanto gli standard a cui ci ha abituati lasciano trasparire una sorta di antipatia per il tracciato italiano. Lo spagnolo soffre le curve a destra, dove Bagnaia e il fratello Alex sono più veloci, al punto che in questo tracciato ha vinto “solo” nel 2014. Poca roba rispetto a un tracciato come Aragon, dove Marc ha portato a casa la coppa più grande per ben otto volte, di cui cinque consecutive.

“All’inizio mi aspettavo di essere ancor più lontano da Alex e Pecco, poi ho fatto uno step e l’hanno fatto anche loro, soprattutto Alex”, ci ha raccontato dopo il secondo turno di libere, che lo vede chiudere al terzo posto dietro a un insospettabile Maverick Vinales in testa alla classifica e al fratello che riesce a stargli davanti per buona parte del turno. “Qui soffro di più rispetto ad altri circuiti”, ammette Marc, “Anche se è andata meglio delle mie aspettative. Ho bisogno di più tempo per capire se potrò attaccare o dovrò difendermi, qui l’obiettivo è non perdere troppi punti rispetto ad Alex. Per quanto riguarda Pecco non mi importa in questo momento, ho più margine su di lui. Questo non significa che io abbia già scartato Pecco per il campionato, sta di fatto però che questa è una pista in cui dovrò soprattutto difendere”.
Marc spiega anche che al momento ha scelto una strategia conservativa per quanto riguarda i curvoni a destra come San Donato, Arrabbiate e Correntaio: “Adesso penso a non esagerare. Non serve puntare ad andare forte lì, Alex è più forte di me lì per esempio, Pecco uguale. Devo puntare ai miei punti forti, come l’ultimo settore”. Alle Biondetti quindi, veloci e secche, ma pure alla Bucine, l’ultima curva: lunga, anzi eterna, tutta a sinistra, fondamentale per sviluppare velocità sul rettilineo. A proposito del tracciato poi, Marc parla anche dell’usura dell’asfalto: “È vecchio. È accettabile? Sì, certo. Ma è un circuito vecchio, anche alcune vie di fuga, come in curva 8, ci vorrebbe un po’ più d’asfalto, perché altrimenti quando cadi arrivi nella ghiaia con tanta velocità. L’asfalto ha 15 anni, quando esci dalla linea ideale è pieno di avvallamenti”.
Succede, a questo punto, che un giornalista inglese gli chiede come si approcciò ad alcuni tra gli anni più duri del motomondiale, 2010 e 2011. Nel 2010 morì Shoya Tomizawa a Misano, l’anno seguente Marco Simoncellil, a Sepang. “Voglio essere onesto”, dice Marc. A quell’età queste cose non hanno impattato molto su di me. Voglio dire, mi hanno colpito in quei giorni ma non hanno cambiato il mio modo di guidare. Chiaramente vuoi che cose del genere non capitino mai, adesso che ho 32 anni però è molto diverso rispetto a quando avevo, come al tempo, 17 o 18 anni. Certo, sono cose che ti colpiscono molto, ma onestamente a quell’età non hai davvero la percezione di cosa sia la vita”.
Difficile dargli torto.