Notizia degli ultimi giorni: Marc Marquez non corre a Jerez per continuare la riabilitazione al primo metacarpo della mano destra. Notizia delle ultime quattro ore: convocata da HRC una conferenza stampa straordinaria per le 14. E poi, di seguito, il caos: si comincia a parlare di ritiro, di nuova operazione, di altre complicazioni - come alla spalla o agli occhi - e Honda decide di spiegare con un Tweet che non sarà nulla di caustico, quanto piuttosto “piccoli aggiornamenti”. Di seguito però, da una conferenza stampa delle 14 si trasforma in un media scrum alle 15. La differenza, sostanzialmente, è che quest’ultimo è un incontro meno ufficiale e televisivo e si svolge nell’hospitality HRC, non più nella sala adibita alle conferenze. Un quarto d’ora prima dell’inizio HRC è assediata da un numero irragionevole di persone. D’altronde è il Gran Premio di Spagna, Marc ha preparato una tribuna dedicata ai suoi tifosi e il circuito viaggia verso il tutto esaurito in buona parte grazie a lui.
La tensione di un’ora prima è già in parte svanita, lui comincia a parlare in inglese spiegando di voler fare chiarezza. “Questo è uno dei GP più speciali per me, ho provato a riprendermi in quattro settimane ma onestamente i dottori mi avevano detto subito che ci sarebbero volute sei, o addirittura otto settimane”. Il primo punto quindi è che Marc non ha subito un altro infortunio come invece si è sentito più volte. E il rientro a Le Mans, a dirlo è stato lo stesso Marquez, è un obiettivo decisamente realistico. Poi racconta di aver interrogato tre diverse equipe mediche a proposito: quella di Madrid, guidata dal dottor Ignatio Roger de Ona che ha seguito l’intervento alla mano, la Clinica Mayo del Minnesota (!) dove si è operato al braccio, ed il Red Bull APC Center, in cui si allena e passa lunghe ore di riabilitazione. Racconta poi che stasera tornerà a casa, perché “Col team e la Honda il mio impegno è sempre lo stesso e voglio tornare il prima possibile in pista”. Marc parla, ma sembra spuntare una alla volta una lunga serie di speculazioni - alcune legittime altre meno - venute a galla in questi giorni.
Quando gli viene chiesto se rischierebbe di infortunarsi ancora con una caduta o semplicemente guidando lui risponde così: “Se corro è perché voglio rischiare, correre al 100%. Ma quando tre equipe mediche ti dicono che sarebbe una follia devi accettarlo, il rischio più grande non è cadere, è guidare: facendo pressione sulla manopola rischierei di danneggiare nuovamente il pollice, e questo rischio si presenterebbe a tutte le staccate. E sarebbe un rischio per tutta la mia carriera, non stiamo parlando di due o tre mesi. È stata una decisione facile, lo sarebbe stata anche se avessi avuto 15 o vent’anni”.
Oltre a questo naturalmente Marc dovrà saltare anche i test del lunedì, il che complica ulteriormente le cose considerando la situazione in cui versa la Honda. Per il resto, Marquez ha parlato chiaro ancora una volta: “Mi è dispiaciuto saltare l’Argentina, perché è una pista che mi piace. E Austin, un circuito che amo. E figuriamoci Jerez, uno dei più importanti appuntamenti dell’anno”.
Qualche dubbio su questa storia
Ricapitolando: il problema è solo alla mano, la voglia di continuare con Honda c’è, Le Mans dovrebbe essere una data definitiva per il rientro e va tutto relativamente bene. Per quanto Marc sia stato disponibile scendendo nei dettagli però, c’è ancora qualcosa che ancora stride in questa narrazione. Primo: se i dottori gli hanno detto da subito, quindi a Portimão, che si trattava di un infortunio con tempi di recupero che vanno dalle sei settimane ai due mesi, perché assieme alla sua equipe ha organizzato Garage 93, un’esposizione proprio a Jerez dove difficilmente avrebbe potuto correre? Lascia poi quantomeno sorpresi - ma, attenzione, non stiamo insinuando che ci sia un interessamento del braccio destro - che Marc abbia spiegato a più riprese che la Mayo Clinic è stata fondamentale per prendere la decisione di fermarsi ancora. Eppure, dal documentario All In viene racconato chiaramente che il modus operandi del centro statunitense è diverso, così come è diversa la problematica trattata (e quindi conosciuta) da quell’equipe. Infine, pensare che Marc tornerà a casa stasera stride un po’ considerando il comportamento dello scorso anno, quando si presentò in più di un’occasione nel box Repsol per dispensare consigli, tenere unita la squadra e dare indicazioni sullo sviluppo. È vero che ha bisogno di continuare ad allenarsi, ma la sensazione è che per lui - come per altri - vedere una pista senza poterci correre è una buona definizione di tortura, cosa che ad oggi non vale più la pena sopportare.