Marco Melandri è in macchina, si sente dal quel fruscio tipico dei vivavoce. Da Aragon, dopo questo week end di gare, è già tornato, ma sta guidando dopo una giornata di allenamento in bici. “È stato un altro fine settimana deludente – ci racconta – mi dispiace, perché con il team stiamo lavorando veramente tanto, tentiamo di tutto ogni volta, ma il tempo è poco e le soluzioni che adottiamo non sempre si rivelano efficaci”.
Cosa è che manca?
In verità i test. Sono quelli che mi mancano e che ci stanno mancando. La moto è molto rigida ed io ho sempre preferito moto più morbide, non è questione di motore o cosa, ma di sensazione in sella. Ci sarebbe bisogno di qualche giorno pieno di lavoro senza la pressione della qualifica e delle gare, per battere strade totalmente nuove e che così, nei soli turni dei fine settimana di gara, non possiamo permetterci di battere.
Ma quale è nello specifico il problema maggiore?
Non ce ne è uno dominante su altri. Ad esempio, in ogni gara ho modificato la mia posizione in sella, ma è chiaro che questo richiede settaggi differenti ogni volta. Chiaramente non è colpa di qualcuno, anzi mi trovo benissimo nel team, ma i test sono importanti proprio per queste cose e noi non abbiamo avuto modo di farne. Dovremmo, probabilmente, anche abbandonare un po’ le indicazioni che ci arrivano dalle altre Ducati, perché le sospensioni che montiamo noi sono diverse e quindi non è detto che settaggi che si rivelano funzionali e performanti su altre Ducati come la nostra possano esserlo anche per noi. Però mi dispiacerebbe se si scambiassero queste mie dichiarazioni per polemica, è solo una presa di coscienza. Stiamo lavorando veramente tanto, tutti, ma i risultati fanno fatica ad arrivare. Comunque mai arrendersi.
A proposito di atteggiamenti tutt’altro che arrendevoli, qualche giorno fa hai pubblicato una foto con Checa, Barberà e Xaus, altri tre che non mollavano mai…
Sì, nella pausa tra Aragon1 e Aragon2, insieme anche agli altri del team Barni abbiamo fatto una rimpatriata ed è stata una serata straordinaria. Perché sono venuti fuori aneddoti incredibili, di un motociclismo che non c’è più nonostante non sia così distante nel tempo. Prima c’era una vita anche oltre il paddock, c’erano legami, o anche rivalità personali, tra i piloti, con i meccanici e gli uomini del box. Oggi è tutto più freddo. Mi fa un po’ impressione parlare in questi termini, perché poi sono discorsi che si fanno da sempre, ma in pochissimi anni è cambiato veramente tanto e quando altri piloti faranno in futuro delle rimpatriate, ammesso che ne faranno, non avranno certamente ricordi così belli di momenti di condivisione di cui parlare. Ben venga l’atletismo, ma forse un po’ di umanità ci stava ancora più che bene nel motorsport. Forse in questo la Superbike è migliore della MotoGP.
Lì ora il tema caldo sono sicurezza e regolamenti e i piloti non sembrano molto uniti. È solo una impressione?
Non so se siano uniti o meno e non so nemmeno quante decisioni siano in realtà dettate da sponsor o da ‘trattative politiche’, ma di sicuro quello che sta succedendo non va bene. Sulla questione dell’asfalto verde e di quello che accade in particolare in Moto3 e Moto2 mi sono già pronunciato e resto dell’avviso che tornare all’erba fuori dal cordolo sia la soluzione migliore. I piloti cambierebbero immediatamente i riferimenti, perché se la ruota ti finisce nell’erba o cadi o perdi comunque un sacco di tempo. Così, invece, finiscono inevitabilmente per approfittare di quella che in qualche modo è una opportunità, anche se poi si è sottoposti a un giudizio. Anche l’ipotesi di verniciare l’asfalto con prodotti a bassa aderenza è a mio avviso pericolosa, perché in condizioni di bagnato sarebbe come andare sul sapone. Infine, le decisioni in capo ad una sola persona sarebbero da evitare, non perché ci sia malafede o incompetenza, ma perché siamo umani e tutti possono sbagliare o valutare un episodio in maniera non corretta.
Restando in MotoGP, al di là di quello che accade sul verde e in generale fuori dalla pista, cos’ha da dire Marco Melandri su quello che succede in pista?
È sempre avvincente e quest’anno, complice la sfortuna di Marc Marquez, il mondiale è apertissimo.
Pronostico?
No, su quest’anno non lo faccio. Ma te ne faccio uno più a lungo termine. C’è un ragazzo che seguo sin da quanto era piccolino perché mi aveva impressionato con il suo modo di guidare e, soprattutto, con l’atteggiamento sempre serio e non troppo stravagante tenuto giù dalla moto. Ecco, quel ragazzino oggi è cresciuto e due domeniche fa, al RedBull Ring, ha vinto la sua prima gara. Parlo di Miguel Oliveira, uno forte davvero, che darà filo da torcere a tutti nelle prossime stagioni. Non lo dico oggi perché ha vinto, è da tempo che ho scommesso su di lui. Mi piace moltissimo ed attualmente è la vera stella nascente del Circus. A febbraio scorso dissi questa cosa anche durante una trasmissione di Dazn.
Per quanto riguarda Ducati, Marco Melandri per la sella della moto ufficiale scommetterebbe su Francesco Bagnaia o su Joahnn Zarco?
Al di là delle mie scommesse, che lasciano il tempo che trovano, credo che la scelta di Ducati andrà nella direzione di Pecco Bagnaia. È stato molto sfortunato, con la caduta che gli è costata l’infortunio che, probabilmente, ha rimesso in discussione qualcosa che forse era già deciso. Senza quell’infortunio credo che non ci sarebbe stato alcun ballottaggio. Ma Bagnaia è italiano, è giovane ed ha già condiviso il box con Jack Miller, credo che alla fine la scelta ricadrà comunque su di lui.
Con Dazn è entrata nella tua vita anche la Tv, come ti trovi?
Benissimo e non lo avrei mai pensato. È una esperienza straordinaria, condivisa con ragazzi giovanissimi: pensa che anche lì sono praticamente tra i più vecchi. Stiamo cercando di portare avanti un modo nuovo di commentare le gare, di parlare di motorsport e i risultati stanno arrivando. Per quanto mi riguarda vorrei riuscire a esprimere le sensazioni dei piloti, far capire che ciò che accade dentro al box o, ancora di più dentro al casco, può saperlo solo un pilota e nessun altro.
Ma quindi il tuo futuro è da pilota o da telecronista?
Da telecronista. Io avevo già preso la mia decisione di chiudere con le corse, però sentivo che un po’ la pista, il clima della gara, mi mancavano, come se non avessi dato una coda degna alla mia carriera. Quest’anno si sono in qualche modo allineate le stelle per rispondere a quella sensazione: il mondiale più corto, piste che mi piacevano, un team valido ed ho scelto di esserci ancora. Le corse sono il mio presente, ma non saranno il mio futuro. Ho un’età, bisogna prendere coscienza che il tempo non fa sconti a nessuno.