A Coriano sono le sei di pomeriggio e le persone, quasi tutte vestite di rosso e di bianco e con un 58 stampato da qualche parte, iniziano ad avvicinarsi ad un grande prato, sotto una terrazza panoramica. Lì, quasi nascosto fin quando non ci si affaccia, c’è il monumento che Dainese aveva donato alla cittadina del Sic per ricordare Marco Simoncelli, qualche anno dopo la sua scomparsa. “Dainese ha fatto realizzare questo monumento ormai parecchio tempo fa – racconta la sindaco, Domenica Spinelli – Noi, come Comune, abbiamo provveduto ad acquisire l’area per l’installazione e poi, dopo l’inaugurazione a cui parteciparono tanti personaggi del motociclismo, ogni domenica celebriamo il rito. Semplice, ma fortissimo, come era semplice e fortissimo Marco Simoncelli”. Alle 19, dal cannone che sembra voler evocare il tubo di scarico di una moto, si accende una fiamma che, più che generare calore, “si lascia circondare dal calore” di chi, dopo tanti anni, non dimentica quel ragazzo, quel pilota coi capelli da matto, che se ne è dovuto andare troppo presto. “Resta accesa per 58 secondi, ogni domenica. Poi, in alcuni fine settimana come quello scorso del GP di San Marino e come il prossimo del GP dell’Emilia Romagna, la accendiamo anche il sabato, sempre alle 19. È il nostro modo per ricordare Marco, facendo comunità con quelli di qui che lo conoscevano e gli hanno voluto bene e con quelli che, invece, gli hanno voluto bene pur non avendolo visto crescere se non grazie alle sue imprese sportive”.
58 secondi, in silenzio, col solo suono di quella fiamma che sembra andare incontro al mare lasciandosi alle spalle il sole che cala dietro le colline di quel pezzo di terra tra la Romagna e le Marche che ha visto nascere, crescere e purtroppo anche morire i più grandi campioni del motociclismo. “È incredibile quanto affetto ci sia ancora intorno alla figura di Marco", racconta ancora la sindaco, "Merito della famiglia, che con il team ha portato avanti un progetto sportivo meraviglioso e che con il museo ha permesso, a distanza di ormai nove anni, di tenere viva la memoria di un ragazzo straordinario, prima ancora che di un grande pilota. C’è un vetro in quel parco che ospita il monumento con cui si celebra il rito e, in quel vetro, c’è la faccia del Sic, quasi a simboleggiare che 'guardare oltre è sempre possibile', mantenendo impresse le figure (o i valori) che contano".
Ma quello di Coriano non è l’unico rito che si celebra da anni in ricordo di Marco Simoncelli. Ce ne è un altro, ancora più vecchio, che va in scena ogni sera d’estate nella vicina Misano dal 2012. All’interno di un ristorante estivo che custodisce una Honda con la livrea e alcune componenti della LCR guidata dal Sic nel 2011. Paolino, così si chiama il titolare, è una mezza leggenda da queste parti. Un tipo che sembra sempre pronto a sferrarti un cazzotto e che, invece, ha un cuore grande e una storia che vale la pena di raccontare (lo faremo nei prossimi giorni). Ogni sera, alle 22:20, quella moto viene accesa e poi gas aperto per un minuto circa, con il motore che suona a pieni giri e le fiamme dello scarico che sembrano voler tagliare i tavoli. “Nel 2011, la sera prima di prendere l’aereo per andare in Malesia – racconta Paolino mentre serve al tavolo Jaume Masia e Xavier Simeon, che nel frattempo stanno pasteggiando lì – Marco era qui, come al solito, con un po’ di amici. Mi disse che si sentiva in forma, che sperava in un risultato importante. Non guardo mai l’ora, girando a mille tutto il giorno come una trottola tra il lavoro e i tanti impegni, ma quella sera, non so perché e non voglio andare a cercare spiegazioni mistiche, lo feci. Erano le 22:20. L’indomani aveva l’aereo molto presto e andò via a quell’ora. Non è più tornato e io ho deciso di salutarlo tutti i giorni alla stessa ora, fino a quando sentirò che avrà un senso farlo”. Poche settimane dopo Paolino riuscì ad entrare in possesso di una Honda da pista con alcune componenti della MotoGP e con la livrea identica a quella della moto del SIC.
“L’ho voluta con me e ogni sera in garage la accendevo alle 22:20 – racconta – poi l’ho portata al ristorante e questo è diventato un rito condiviso. Vedere le lacrime sugli occhi della gente rende la misura di quanto quel ragazzo sia stato capace di farsi amare”. Ma non è tutto sempre bello, perché non manca mai chi vede il marcio in un gesto. “Mi ha fatto male sentire che alcuni hanno pensato che lucrassi sulla tragedia capitata ad un amico carissimo poco più che ventenne – ha raccontato – ho pure pensato di smettere e di continuare a salutare Marco in privato, nel garage. Ma poi ho capito che sarebbe stato il modo per assecondare i maligni. Io so perché lo faccio ed è solo per ricordare quel maledetto addio, perché non ci credo ancora che è stato un addio. Smetterò solo quando me ne farò una ragione. La moto è lì, tutti possono assistere, non solo chi è seduto al ristorante e non è che si paga un biglietto, ci mancherebbe. Anzi, sono molte di più le persone in piedi fuori che quelle sedute ai tavoli. È condivisione e basta e chi ha voluto vederci altro non merita considerazione”.