Mattia Pasini correrà a Valencia per il team RW Racing in sostituzione di Barry Baltus, infortunato al tallone in Malesia. lo chiamiamo per fare due parole prima del weekend di gara, lui risponde subito: “Se devo essere sincero sono al cesso, diciamo che è un’intervista intima”. Risate. Mattia Pasini quest’anno ha corso due gare, anche se l’ha fatto come i piloti degli anni Settanta: con la sua moto, qualcuno a dare una mano nel box e i pezzi di ricambio nel furgone. È uno, Mattia, che in un’altra epoca avrebbe vinto di più, o quantomeno avrebbe corso più a lungo, perché di solo talento una volta si andava più lontano.
È bello sapere che sarai in pista. Che effetto fa?
“Sono molto contento, è una cosa un po’ diversa rispetto a Misano e Mugello perché lì il team non ha fatto altro che ospitarmi nel box e darmi un po’ di spazio: tra moto, ricambi, squadra e persone era tutto organizzato da me, invece qui ho l’opportunità di correre con un team e sono molto felice di tornare a fare solo il pilota. Vediamo se riuscirò ad essere veloce lo stesso”.
Ormai hai un'incredibile collezione di tute.
“Eh, però mi piacerebbe averne una sola e tenerla stretta… ancora ne ho da dire”.
A Misano sei andato fortissimo e i piloti che hai messo dietro - più giovani, con una stagione di allenamento alle spalle e un team vero con cui lavorare - saranno finiti dallo psicologo.
“Mah, non credo che i piloti di oggi abbiano di questi problemi, sai? Per loro il posto è garantito, ma non dai risultati”.
Come è venuta fuori questa possibilità?
“Mah, piuttosto naturalmente: quando si è fatto male Barry Baltus ho mandato un messaggino a Maurizio Manciucca proponendomi per Valencia, loro erano molto contenti e per me è una bella opportunità che va sfruttata”.
Vedrai da vicino la lotta tra Ai Ogura e Augusto Fernandez… L’ultima l’avevi commentata!
“Ah, speriamo di vederla proprio da vicino-vicino! Magari metto un microfono nel casco e la commento da lì. No, scherzo: l’importante è divertirsi, non ho nessun obiettivo se non quello di dare il massimo e fare un weekend di gara normale, da pilota. Da usato garantito. Com’è che dicono adesso?”.
Ricondizionato?
“No, no. Prima scelta, una roba del genere”.
Beh, per te è un po’ come quella pubblicità di BMW, non so se te la ricordi.
“Si, bellissima! Una delle pubblicità più belle della storia, quando ancora il politically correct non andava troppo di moda”.
Sempre da vicino, anche se un po’ meno, vedrai anche l’altro mondiale, quello tra Pecco Bagnaia e Fabio Quartararo.
“Eh si, sarà una domenica importante. Io tifo Pecco, lo sostengo dall’inizio dell’anno, anche quando tutti gli andavano contro perché non erano partiti come ci si aspettava. Io so che lui è veramente fortissimo ed è in una forma smagliante, come anche la sua moto e il suo team. Se lo merita”.
Ci hai parlato in questi giorni?
“A dire la verità no, ho avuto un sacco di robe da fare tra cui preparare bene il weekend, voglio arrivare pronto”.
A Valencia ci sarai tu, verrà Valentino Rossi… se a Pecco vanno bene le cose, finita la festa parleranno pesarese anche gli spagnoli.
“Ah, vedremo. Quelle cose lì non si possono programmare, devono venire fuori da sole”.
Ci pensi mai alla Superbike? Qualche giorno fa Danilo Petrucci ci ha detto che forse correrà lì, sarebbe bello vederti combattere con lui.
“Eh, sembra che sia la Superbike a non pensare a me! Per tanti anni, dal 2010 al 2014, sono stato in condizioni difficilissime, ci metto anche il 2019 quando sono andato a correre in delle situazioni disastrose. Io sono ancora in forma, forte, veloce, ho la motivazione giusta. Però se mi imbarco in un progetto voglio farlo per essere protagonista. Devo essere sicuro di poter avere un pacchetto tecnico e sportivo che funzioni, andare a correre tanto per essere lì non mi interessa, per quello sono vecchio. Se invece c’è da correre per impegnarsi e fare qualcosa di bello è un altro discorso”.
Ha senso, anche se probabilmente non ci si arriva subito.
“Il cuore direbbe di correre comunque, anche col triciclo, ma dopo tanti anni in situazioni difficili onestamente mi sono un po’ stancato, diciamo così. Perché alla fine da fuori quello che si vede è la copertina del libro, mica tutte le pagine. Guardano i risultati e se vedono che fai male automaticamente la responsabilità è tua. Invece il nostro mondo è un po’ più complicato di così. Intanto però vado a Valencia”.