Mettere d’accordo i motociclisti è difficile, un po’ perché molti sono “isti” di qualcosa e un po’ perché difficilmente cambiano idea. Se in questo mondo c’è un’eccezione però, quella è il motore a due tempi: il fumo che esce dall’espansione, azzurrino come un genio della lampada, la carburazione fatta in garage, l’odore della miscela ed il veeeeem, veeeeem di quando ne scaldi una. E poi l’erogazione appuntita e i maghi che le sistemavano, con tutta quella meccanica che riusciva ad andare d’accordo senza il computer. Roba che piace a tutti davvero, al punto da diventare un luogo comune. Quasi come se le moto di oggi non fossero in grado di regalare emozioni. Invece le nuove moto sportive sono bellissime, vanno forte, guidarle è un sogno. Meglio di quei missili da duecento e oltre cavalli, nella testa di un appassionato, ci sono solo i prototipi, le MotoGP, ormai praticamente inarrivabili anche per chi è nel giro. Ecco, mettendo le due cose insieme si arriva alla due tempi da Gran Premio, roba che oggi non esiste e, quando esiste, è chiusa in un museo. Non sempre però, o almeno non la Yamaha YZR 500 di Eddie Lawson che è stata portata all'Asi MotorShow di Varano la scorsa settimana. Non importa quante moto hai guidato o se sei addirittura salito su di una MotoGP. Quell’oggetto lì, a partire dalle linee fino a quello che c’è sotto, sarà sempre speciale, unico, irripetibile. Abbiamo visto guidare quella moto da Mauro Sanchini e l'abbiamo chiamato immediatamente per farci raccontare cosa significhi guidare una moto così. Perché magari ne uscirà uno speciale per la televisione, per il 208 di Sky, ma aspettare sarebbe stato troppo faticoso. E sentire Mauro Sanchini mentre racconta di una vecchia 500 è di per sé un’esperienza.
Ciao Mauro! Ma allora è vero che hai guidato la Yamaha YZR 500 di Eddie Lawson?
“Ho la foto lì sul tavolino della taverna, stamattina sono passato a rivederla. Fa strano vedermi sulla moto che trovavo da ragazzino su Motosprint, quando sopra c’era Lawson. La voglio incorniciare, ma prima la devo vedere bene ancora un po’”.
Senza cornice la vedi meglio?
“Fa più effetto, lo sai? - racconta ridendo - Le forme di quelle moto lì erano proprio belle, è come la Giulia, quella d’epoca. E poi quella colorazione lì (del Team Roberts Marlboro Yamaha, ndr.) ha qualcosa di particolare per me, richiama proprio le corse”.
E come andava? Che sensazioni hai provato su quel sacro graal del motociclismo?
“Purtroppo la mattina ha piovuto e quando lentamente ha cominciato ad asciugare siamo andati in pista tutti insieme: c’erano cinquantini, le motine… sembrava di essere nel centro a Milano. Poi avevo la responsabilità di una moto di quelle buone, pensavo fosse una replica e invece credo che come quella ce ne siano giusto un paio. Capito no, l’idea di lanciarla… Prima di tutto ho pensato a riportarla intera. Poi negli ultimi giri, senza telecamere, sono riuscito a fare qualche bel passaggio. Anche perché l’ultima parte di Varano la conosco bene, ci vincevo con gli scooter quando correvo con la Malossi. Il Ferro di Cavallo per me è proprio casa e lì, un pochino, l’ho messa alla frusta. Di nascosto ci davo dentro un po’ di più, ecco. In pochi giri non la puoi capire appieno, però certe cose sono chiare: il suono del due tempi intanto, che è un’emozione particolare, è meraviglioso. E poi, se adesso va di moda l’abbassatore, questa 500 ha l’alzatore! Come la lancetta del contagiri arriva sugli 11.000 questa si alza davanti, mica si abbassa dietro. E tu dici ci sta, sei in seconda marcia. Ma poi te lo fa in terza. E ancora in quarta, capito? È meravigliosa, talmente piccola e leggera che sembra un giocattolo. Ma andava giù decisa, penso di averla fatta arrivare sui 13.000 giri, ma non ho guardato con attenzione. Però ti dico… caspita se faceva strada. Oh, all’improvviso la senti che parte e va”.
Ti dà un bel calcio quando arriva a prendere la coppia?
“Una volta avrei detto di sì, ma oggi anche le nuove sportive stradali hanno tanti di quei cavalli da fare paura. La MotoGP poi… quella ancora di più. Questa ha sicuramente meno potenza, ma l’esplosività del due tempi è un’altra cosa: diventa tutto ingovernabile e succede tutto in un attimo. Hai presente Star Trek? Ecco, velocità curvatura! Se esci da una curva un pelo sotto di giri succede poco, ma appena arrivi agli 11.000 la moto impazzisce. E capisci quello che dovevano fare quei piloti lì, con quelle gomme lì e tutto il resto”.
Magari però, così leggera ti permetteva di giocare un po’ più con le linee, la fantasia…
“La ciclistica, i freni, le sospensioni… tutto negli anni si è evoluto molto, anche se sinceramente mi aspettavo peggio. Quando ti attacchi ai freni però non hai la stessa potenza di adesso e i piloti che guidavano quelle moto probabilmente erano obbligati a staccare molto prima. Poi va detto che la moto leggera ti consente di frenare un po’ più avanti, ma è anche vero che c’era più fantasia: prima di buttarsi dentro la curva c’è più tempo, così anche quello dietro può inventarsi qualcosa. Se arrivi a frenare come in Formula 1, agli ultimi 50 metri, chi ti segue fa fatica a trovare lo spazio per passare. E poi la moto leggera è un pallino che ho da sempre: oltre ad essere molto più sicura ti permette di fare cose pazzesche. La 500 è piccola, corta e super divertente. Bella”.
Pensi che la MotoGP di adesso potrebbe prendere d’ispirazione questa vecchia 500 in qualcosa?
“Non è semplice. Partiamo dal presupposto che è un peccato aver perso una tecnologia come i due tempi nel motomondiale. Una categoria, magari, avrebbero potuto tenerla. Con la tecnologia di oggi, tra elettronica e iniezione, forse avrebbero potuto fare un motore poco inquinante e di facile gestione. Detto questo, le moto per piacere ai piloti devono essere leggere e potenti. E non è semplice con i costi, me ne rendo conto, però è anche vero che il racing deve servire a questo. Secondo me la MotoGP di adesso - probabilmente gli ingegneri non saranno d’accordo - va troppo forte ed è troppo grossa. I 360 Km/h su di una moto credo siano troppi. A lungo andare fai fatica a rendere sicuro un tracciato, dovresti correre in un aeroporto. Certo, è bello anche andare forte, ci mancherebbe”.
Ma le vie di fuga sono (quasi) sempre quelle.
“Si, anche perché una volta i motori della 500 avevano circa 160 cavalli, poi coi mille siamo arrivati tranquillamente a duecento e ora siamo oltre i 300 cavalli. Faccio un’ipotesi balorda, ci pensavo ieri andando in bicicletta, quando pedalando mi perdo un po’ nei miei pensieri: se vogliamo essere un po’ più ecologici, green insomma, sarebbe bello sviluppare qualcosa di diverso. Penso, ad esempio, a una MotoGP 500 quattro tempi con un aiuto elettrico, un ibrido. È proprio fantasia pura, ma una MotoGP 750 o 500 ibrida secondo me sarebbe spettacolare. Se riporti la moto a 130 chili, i piloti curvano forte e si divertono. È vero che sul rettilineo vai di meno, ma alla fine del giro… Se non sbaglio, per battere i tempi che ha fatto Schwantz con la Suzuki da 115 Kg ad Assen ci hanno messo 10 anni. La moto leggera ti permette di guidare bene, è bello. E può essere anche uno sviluppo per il mercato, da chi usa la moto in città a chi va sullo Stelvio e può sfruttare un motore elettrico che non risente come il termico delle altitudini”.