Marco Melandri è voce (e volto) della MotoGP su DAZN. Il ravennate commenta le gare con occhio clinico e mentalità da pilota, analizzando lo stile di guida di ognuno e i segreti dei circuiti. In uno dei sempre più numerosi contenuti extra, Marco ha incontrato Pecco Bagnaia a Borgo Panigale per scambiare due parole in esclusiva. Ecco come è andata.
L’intervista comincia con una foto: Pecco Bagnaia, ancora sulle minimoto, con il casco di Spiderman portato in gara da Marco Melandri: “Era un replica Nolan - racconta Pecco - Me lo avevano regalato perché ero un grande fan di Spiderman. E poi mi piaceva, era bello di brutto”. Poi racconta gli inizi “Ho iniziato ad Alessandria… In minimoto c’erano le selettive. Io ero in zona A, quindi al nord. Alla fine siamo andati alle finali in Romagna, ma mi sono trasferito lì nel 2015, avevo 17 anni”.
Marco e Pecco però non condividono soltanto mestiere e passione, ma anche un nomignolo più usato del loro nome di battesimo. Bagnaia spiega che: “È stata colpa di mia sorella, lei ha 20 mesi più di me… Eravamo piccoli e non sapeva dire Francesco, così mi ha chiamato sempre Pecco. Da lì è rimasto, e anche adesso quando leggo gli articoli vedo che vengo chiamato Pecco Bagnaia, non c’è nessuno che mi chiama Francesco. Io mi presento col mio vero nome, ma sanno da soli che sono Pecco. È una roba strana!” Poi Melandri racconta la sua: “Io vivevo nelle case popolari e andavo in bici con i più grandi, che mi chiamavano Macholino perché volevo fare il grande. E da lì è partito tutto. Non ha niente a che vedere col vero macho!”.
L'amore per la Ducati
Pecco racconta anche di quando, per la gioia di sua nonna, ha deciso di allenarsi nel suo giardino: “Due volte ho fatto un macello nel giardino di mia nonna: la prima quando sono andato con una minimoto che mi avevano regalato a natale. Andavo nel giardino a fare i tondi… Non era contenta nemmeno la seconda volta, con l’Hypermotard di mio zio. Mi ero rotto il polso ai test di Jerez e volevo capire come stavo, perché mi sentivo in forma. Sono andato sull’erba con l’Hypermotard, bellissimo e divertente, ma ho disintegrato tutto il giardino. Ho fatto un danno, perché mia nonna a quel giardino ci tiene come se fosse un figlio”.
La scintilla che ha acceso la passione, per Pecco Bagnaia, ha il nome Ducati sul serbatoio: “Quando penso alle moto, in generale, mi viene in mente la frizione a secco della moto di mio zio. Guardavo quella 996, era la più bella che c’era, la trovo bellissima anche adesso. Non sapevo che avrei fatto il pilota, però dicevo sempre che crescendo avrei voluto una Ducati. Poi diventando un pilota ho capito che se fossi arrivato in MotoGP avrei voluto una Ducati. Nel 2016 avevo scommesso col Team Aspar che se avessi vinto due gare mi avrebbero lasciato guidare una Ducati MotoGP… E mi fecero fare 8-9 giri a Valencia, nel test del lunedì. Fu una cosa bellissima, tra l’altro mi hanno detto che si era rotto qualcosa ma non era vero! Volevano fermarmi perché doveva girare Abraham… Mi piacerebbe fare diversi anni in Ducati”.
Casey Stoner e il numero di gara
Poi racconta che Casey Stoner, ogni tanto, gli manda dei messaggi: “Ogni tanto Casey Stoner mi scrive su Instagram… Mi ha fatto strano all’inizio. Ho sempre pensato che fosse un grandissimo talento ma che soffrisse tanto la pressione. Anche se ho sentito sempre la versione da parte di Vale, che ha tantissimo rispetto per Casey. Ha sempre detto che è stato l’avversario più tosto in certe situazioni per lui. Secondo me era un bravo ragazzo. Particolare, molto. Ma non sopportava tutto il mondo attorno alla MotoGP". Marco, che con l’australiano ha corso in Ducati nel team ufficiale nel 2008, risponde che: “È stato strano condividere il box con lui quell’anno. Perché a volte ero come suo fratello, altre il sui peggior nemico”.
Pecco spiega anche la scelta del numero 63 sul cupolino: “Quando ero piccolo ho sempre avuto il 41 per Haga, perché mi piaceva da matti. Poi quando riguardavo le sue interviste, su Youtube… C’è quella in cui gli chiedono come si allenava lui, fa ridere da matti. Poi nel Team Sky ho scelto il 21 e ci ho vinto le prime gare. In Moto2 c’era Morbidelli e il 21 lo aveva lui, mentre il 41 era di Binder. Allora ho preso il 42, era 21+21. In MotoGP c’era Rins allora ho fatto 21+21+21, 63”.
Valentino Rossi, rivale e maestro
Inevitabile poi un passaggio su Valentino Rossi. Per Melandri un rivale, per Bagnaia un maestro. Marco spiega che, una volta, il rapporto tra i piloti era diverso: “Ai miei tempi si passava dall’essere amici a quasi odiarsi, non c’era via di mezzo - ricorda il ravennate - Con Valentino eravamo molto amici da bambini, poi quando siamo arrivati a giocarci le gare assieme qualcosa si è incrinato”.
Pecco, da parte sua, non nasconde l'ammirazione per il 9 volte iridato: “Vale, tu l’hai conosciuto bene, è una persona di cuore, ci dice sempre le cose come stanno. Sinceramente la prima volta che mi sono trovato in pista con lui davanti mi ha fatto strano perché cresci con l’idea di arrivare in MotoGP, vedi tutti questi piloti… Mi ricordo bene il 2005, il 2006. Trovarmi comunque Valentino lì mi ha fatto effetto, non mi sentivo un pilota di MotoGP. Ora parliamo di più delle corse, ho più esperienza e riesco a sfruttare meglio le gomme mentre lui con il posteriore fa un po’ più fatica. Quindi se potrò dargli una mano lo farò sempre, in ogni caso. Lui ha fatto talmente tanto per noi che è giusto che sia così”.