C'era grande attesa per la conferenza stampa di Nikita Mazepin che, guerra a parte ("l'opinione sull'Ucraina la tengo per me") si è decisamente sfogato, per quella che ritiente un'ingiustizia dolorosissima. E, almeno lui, si riferisce alla sua esclusione dalla Formula 1 e non ad altro... "E’ qualcosa che si è consumato in due fasi, nella prima ho saputo che la Fia mi avrebbe consentito di correre da pilota senza bandiera, l’avevo accettato. Ma non ho avuto tempo perché ho ricevuto la lettera della Haas che mi ha unilateralmente licenziato. Non c’è alcuna motivazione legale dietro a questa decisione, la Fia mi aveva dato il permesso di gareggiare".
Nikita Mazepin non intende però accettare questa decisione: "Intendiamo tutelare i nostri interessi in linea con le norme di legge e ci riserviamo il diritto di avviare procedimenti legali, chiedere il risarcimento dei danni e il rimborso dei significativi importi che Uralkali ha versato per la stagione di Formula 1 2022”.
La Fondazione “We Compete As One” quindi diventerà realtà: "Il rimborso di Haas e la parte restante del finanziamento dello sponsor di Uralkali per il 2022 sarà utilizzato per finanziare questa Fondazione. Non credo si possa usare lo sport come pubblica piazza per rivendicazioni politiche, è questo lo sport che vogliamo? Sosterremo questi atleti che non possono gareggiare o a cui viene tolta la possibilità di competere, per rispetto dei sacrifici che hanno fatto e contro le conseguenze legate a un’esclusione di cui non sono responsabili, la nostra porta è aperta a tutti. Io avevo accettato di correre senza bandiera, la mia squadra mi ha proprio impedito di farlo”.
Mazepin non si sente solo nella sua battaglia (che evitiamo di chiamare guerra, visto che quella vera si sta combattendo in Ucraina). "Ho apprezzato il piccolo numero di piloti che hanno espresso il loro sostegno per me. Sergio (Perez), Valtteri (Bottas), Charles (Leclerc) e George (Russell) mi hanno tutti contattato. Sanno quanto sia importante la situazione e hanno mostrato il loro sostegno dopo che ho perso la possibilità di gareggiare. I messaggi non avevano niente di politico ma erano solo a livello personale. Mi hanno detto di tenere la testa alta, perché ci sono stati atleti che si sono spezzati e vite che sono state distrutte dopo decisioni del genere".