“Hanno perso passione”. Tra parole che fanno una sentenza. Con il giudice che le ha pronunciate che risponde al nome di Mick Doohan. Il pilota simbolo della gloria del team Repsol e probabilmente anche della capacità di rinascere dalle sue stesse ceneri, ha concesso una intervista a MotoGP Racing. E se di solito ha cercato di essere clemente e comprensivo nei confronti del marchio a cui ha legato per sempre la sua leggenda, questa volta c’è andato giù pesante.
“Non sono più abbastanza vicino alla Honda per capire cosa sta succedendo lì – ha tuonato - La mia opinione personale è che il marchio abbia perso il legame che aveva una volta con le corse: non c'è la stessa passione che c'era una volta. Non c'è coinvolgimento. Forse l’approccio non è quello giusto. Anche il metodo di lavoro, probabilmente, ormai è superato. Perché i marchi europei lavorano in maniera totalmente differente: la moto per loro è un pacchetto intero, mentre i giapponesi stanno ancora cercando di sviluppare trattando ogni parte separatamente, il telaio da una parte, il motore dall'altra".
Non c’è più la fame di un tempo, quindi, e si resta ancorati a convinzioni che non funzionano più in una MotoGP che ormai è totalmente diversa rispetto a quella in cui l’australiano è stato protagonista indiscusso. “Questo sport è in continua evoluzione - ha aggiunto - Lo è dal primo Gran Premio del 1949. Quando guardo le moto di oggi mi dico che non hanno molto in comune con quelle che guidavo io. Tutti quegli elementi aerodinamici: non sono sicuro se sia una buona cosa o no. Forse toglie il valore della guida. Le moto di oggi non mi fanno sognare. Però ogni epoca ha i suoi piloti e le sue moto. Quello che vedo è che le gare di oggi possono essere più serrate, ma alla fine sono ancora i migliori piloti a finire in testa”.
E, a proposito di migliori, Mick Doohan nella stessa intervista arriva pure a dire chiaramente che il sogno di rivedere, anche solo per una gara tra vecchie glorie, in pista i più grandi di sempre è pura utopia: “So che tutti vorrebbero vedere Agostini, Roberts, Dooban, Rossi e Márquez al via della stessa gara, ma purtroppo non accadrà mai. Quanto ai miei rivali non riesco a isolarne uno su tutti, potrei dirti Schwantz, che era fortissimo in prova ma poi sbagliava molto in gara. Forse sono stato io il mio rivale più duro, volevo battere me stesso prima degli altri”.