Barcellona, Q1 del GP di Catalunya. Jack Miller esce dal box e viene seguito da un plotone di moto, capeggiate da Marc Marquez. Lui se ne accorge, si gira verso lo spagnolo e fa cenno con le dita, sfregando indice e pollice. "Mi devi pagare!" sembra dire. Marquez lo vede, probabilmente ride dentro al casco, e ricambia con lo stesso gesto, facendo poi cenno che provvederà in seguito. I due partono affiancati, per il primo tentativo. Tornano ai box e dopo il cambio gomme escono nuovamente insiseme. L'uscita per il secondo tentativo mette, se possibile, le cose ancora più in chiaro. I due piloti Honda HRC si prendono un bel rischio, aspettandolo fino all'ultimo. Miller, infatti, si attarda nel box rendendo del tutto palese - oltre ogni possibile difesa - che la strategia di Marquez ed Espargaro è proprio quella di attendere lui.
Nel secondo run Jack fa segnare il primo tempo, Espargaro, l'ultimo del trenino, il secondo, con Marquez che rimane fuori dalla Q2 e che, nella corsia di servizio che taglia la prima variante, appoggia una mano sul braccio di Miller, per ringraziarlo. I due si stringono la mano donando, per un attimo, una luce completamente differente su una vicenda che nel corso dell'ultimo GP d'Italia aveva sollevato un sacco di polemiche.
Tutto merito di questo ragazzo australiano dai modi così lontani da noi latini. Niente maschere per lui che, peraltro, proprio nelle interviste del venerdì del GP del Mugello, si era lasciato andare a battute piuttosto sprezzanti nei confronti di chi (compresi Marquez e Rossi) non aveva mostrato alcun ritegno nel seguirlo per fare un tempo.
Sette giorni dopo tutto si ridimensiona, Jack ci fa tornare coi piedi sulla terra, ricordandoci che è di sport che stiamo parlando, di un gioco, in cui - certo - l'agonismo è portato agli estremi, ma che non merita tanti piagnistei per il comportamento di un tuo avversario.
Una positività che è tracimata al termine delle qualifiche, quando Miller ha fatto il suo ingresso nel parco chiuso, per le interviste di rito, dopo aver conquistato una seconda posizione in griglia. In occasione dell'ultimo tentativo, infatti, Jack è stato vittima di un high-side alla curva 3, che ha posto fine prematuramente al suo ultimo run. Una bella botta da cui, fortunatamente, si è rialzato senza grosse ammaccature e con una tuta da sostituire, ma dalla quale ha fatto rientro con un gran sorriso e prodigo di abbracci e pacche sulle spalle a meccanici, collaboratori e gente come Tardozzi e Ciabatti.
Ed è guardando il modo di affrontare il motociclismo di questo ragazzo che tornano alla mente le parole di Romano Fenati, ai tempi del "salto" di Miller, dalla Moto3 alla MotoGP. Fenati parlava di Miller come di un "amico", facendo sì che in molti si domandassero cosa avessero poi in comune uno come lui, col suo accento marchigiano, e questo ragazzo australiano strambo come solo gli australiani sanno esserlo. E la risposta è che, probabilmente, su uno così trasparente, su così onesto, non puoi non fare affidamento. Di Jack ti puoi fidare, perché le carte, con lui, sono sempre sul tavolo. Niente malizia, niente dietrologie, tutto il contrario di come siamo fatti noi e gli spagnoli, gente che ce l'ha nel sangue di stare attenta a non essere fregata. Ecco perché, al netto dei risultati sportivi, rispetto ai quali si tirerà una linea a tempo debito, in una squadra così profondamente "italiana", come la sua Ducati, quello che serviva, dopo i dissapori dell'anno scorso, era proprio uno come Jack Miller. Uno che magari fa casino al ristorante, di cui ti vergogni un po' quando te lo porti dietro, ma al quale non puoi che voler bene e pensare che è davvero un caro amico.