A settembre 2020 il centrale di New York porta ancora i segni della pandemia. I tifosi sono pochi, il campo appare quasi più piccolo del normale, l'intensità della finale di un Grande Slam però è la stessa. Il cemento blu degli US Open sembra ricordare a Naomi Osaka e Victoria Azarenka che sulla rete di metà campo ci si sta giocando il futuro.
Naomi ha 23 anni ancora da compiere, è nata il 16 ottobre del 1997 - lo stesso giorno di un'altra promessa dello sport internazionale, il monegasco Charles Leclerc - ma addosso si porta il peso di un ruolo più grande di lei. Qualcuno sulla testa le ha messo la corona dell'erede: la piccola Serena Williams, la grande campionessa di questa generazione.
Quel giorno, neanche a dirlo, vince lei. Vince il suo terzo Grande Slam, che sarà seguito da un quarto agli Australian Open del 2021. Non urla, non si scompone, ma si sdraia. Guarda il cielo sopra di lei, l'azzurro di New York, tenendosi l'azzurro del cemento più famoso del mondo sotto alla pelle. "Ho pensato a tutte le volte in cui ho visto grandi giocatori crollare in campo e alzare lo sguardo al cielo - ha spiegato poco tempo dopo - Ho sempre voluto vedere quello che vedevano. Sono molto felice di averlo fatto".
E' una Naomi Osaka felice, quella dello scorso settembre. Una tennista formidabile, fisica come i suoi vent'anni ma tecnica come la sua dote naturale allenata da anni di lavoro, una tennista che sa gestire la pressione, le aspettative, gli avversari.
O così, almeno, sembrerebbe. Perché in queste ore il nome di Naomi Osaka è tornato sulla bocca di tutti e questa volta non è stato merito delle sue prestazioni in campo, o della sua scalata verso un quinto Grande Slam, a Parigi, dove in questi giorni si sta giocando sulla sacra terra rossa degli Open di Francia di Roland Garros. Si parla di Naomi per la sua scelta di abbandonare la competizione dopo la decisione, presa giorni fa, di non partecipare alle interviste obbligatorie nei post match del torneo.
La tennista si era già rifiutata di partecipare ad una prima intervista, pagando una multa di 15mila dollari e accettando il rischio di squalifica nel caso l'episodio venisse ripetuto per tutta la durata del torneo. Squalifica che la Osaka ha anticipato, scegliendo di ritirarsi per chiudere il fiume di polemiche nato in seguito a questa decisione. La tennista si è scusata con organizzatori, giornalisti e appassionati, ammettendo di aver "sbagliato i tempi e i modi" e di non voler distogliere l'attenzione dal torneo e dal tennis.
Una risposta a chi in questi giorni l'ha tacciata di arroganza, di superbia, chi ha detto che il non voler parlare con i giornalisti fosse solo l'ultimo vezzo di una giovane già considerata una star che esce dalle linea bianche del campo da tennis e tocca il mondo dell'attivismo, della moda e dello spettacolo.
Una risposta perché Naomi Osaka ha preferito abbandonare un Grande Slam perfettamente alla sua portata, e tutti i soldi in palio tra premi e sponsor, piuttosto di continuare a cercare di restare in equilibrio sulla giostra di questo sport.
Soffre di ansia, di attacchi di panico, e in passato ha sofferto di depressione per lunghi periodi. Naomi ha bisogno di prendersi cura di se stessa, come tutti gli esseri umani sono chiamati a fare (o per lo meno dovrebbero esserlo). E la consapevolezza di dover fare una scelta come questa, una rinuncia così grande in questo periodo di ottimo stato fisico ma pessimo stato mentale, rende la Osaka molto più grande dei suoi 23 anni.
Ha capito che nella vita si può anche dire no. Che c'è questa possibilità, che se una cosa non ti fa stare bene - anche se è quella per cui hai lottato e lavorato tutta la vita - una scelta ce l'hai. Naomi ha rinunciato alla terra rossa di Roland Garros perché per una volta, una sola volta, nella sua vita c'è qualcosa di più importante del tennis.
Una palla difficile da intercettare, come una voleè controvento, che Naomi ha preso al volo. Vincendo qualcosa che oggi conta di più di un Grande Slam: il diritto di dire no.