Soldi, soldi. È anche, se non soprattutto, questione di soldi, oltre che di programmi condivisi, rapporti personali deteriorati, prospettive di vita e nuovi cicli da avviare. Non avviene certo solo a Napoli, dove Aurelio De Laurentiis e Luciano Spalletti si stanno producendo in un balletto inatteso solo per chi non conosce le dinamiche legate al proprietario della squadra campione d’Italia. Mentre circolano le immagini della Panda personalizzata dell’allenatore dopo la vittoria dello Scudetto (“Uomini forti destini forti”, il claim), si parla di verosimile (se non addirittura certo) divorzio tra mister e società. Insomma, gesti come quelli di Gennaro Gattuso che qualche anno fa ha lasciato il Milan con un contratto, lasciando sul tavolo qualche milioncino di euro, sono sempre più rari e non è il caso di meravigliarsi o scandalizzarsi. Anche perché il legame di Gattuso con il Milan era stato decennale, di successo. In quel caso c’è stata riconoscenza, volontà di non segnare con l'inchiostro delle banconote una storia vincente.
Spalletti allena il Napoli da due stagioni. Sul suo tavolo (o meglio, sulla mail certificata) è arrivata la pec con cui De Laurentiis ha esercitato l’opzione unilaterale di rinnovo del contratto per un altro anno, anche se il tecnico toscano aveva già fatto presente che voleva andar via, perché i rapporti personali si erano sfilacciati da tempo. La mossa di De Laurentiis forse è scattata per tutelarsi, per cercare un nuovo allenatore tenendo in caldo l’attuale stratega dello Scudetto, a sua volta in attesa che la società renda pubblica la fine del rapporto di lavoro, magari liberandosi senza perderci soldi (non si conoscono ancora i dettagli economici, in caso di rescissione contrattuale o dimissioni di Spalletti) o una panchina futura, che al momento, ha assicurato Spalletti, non c’è. Insomma, il tecnico toscano invoca un briciolo di riconoscenza, forse. Se così fosse, sarebbe un enorme ingenuità: nel calcio non c’è riconoscenza. E anche la magia vissuta a Napoli, che nulla può scalfire, va contestualizzata, inserita in una querelle tra presidente e allenatore che al centro presenta anche, se non soprattutto, la questione economica. I soldi vengono prima dei sogni, delle fantasie: se c’è una figura del calcio italiano che incarna questo concetto è il presidente del Napoli, il manifesto della programmazione, della gestione al millimetro dei conti.
Spalletti rassicura che non c’è altro club. Ma se anche ci fosse, se Spalletti stesse cercando la strada per separarsi dal Napoli senza dover perdere soldi o peggio ancora pagare una penale d’uscita (che assicura non esserci), dove sarebbe lo scandalo? Sono professionisti. Soprattutto De Laurentiis pone in primo piano la tutela dei conti, la questione economica è la priorità per una società che ha mostrato di sapersi gestire al meglio, senza debiti, stando al vertice e vincendo pure lo scudetto. Quello che stride piuttosto è il continuo rimando tra i due protagonisti, Spalletti che manda la palla nel campo della società e De Laurentiis che nicchia, sonda altri tecnici, aspetta la festa finale per lo scudetto, in casa contro la Samp nell’ultimo turno, prima di mettere tutto nero su bianco. La mancanza di chiarezza, l’effetto ping-pong, nella piazza dove è stato vinto lo scudetto appena 15 giorni fa dopo 33 anni di attesa, è l’elemento straniante. Non i soldi sul tavolo. Spalletti sarà ricordato come un vincente, anche se lascia ora: gli interisti ricordano che Mourinho vinse il Triplete nel 2010 o il suo passaggio immediato, nel sottopassaggio del Vicente Calderon (ora Wanda Metropolitano) di Madrid, pochi minuti dopo aver alzato la coppa della Champions, al Real Madrid?