Trentanove anni. Tanti ne avrebbe compiuti oggi Nicholas Patrick Hayden , nato a Owensboro, nel Kentucky, il 30 luglio 1981. Campione del mondo in MotoGP nel 2006 - contro Valentino Rossi – aveva mosso i primi passi in sella da piccolissimo, essendo cresciuto in una famiglia che ha sempre masticato motori e arrivando a laurearsi campione di AMA Superbike a soli 21 anni, più giovane della storia. Poi l’approdo al mondiale, un talento che gli addetti ai lavori definiscono ancora oggi raro, perchè strutturato e non appariscente, e una capacità di controllo del mezzo insolita per chi è abituato a campioni cresciuti nelle scuole europee. Dal babbo aveva ereditato il 69 come numero di gara, quel numero che oggi campeggia su tutti i circuiti degli USA e che, invece, non vedremo più nel Motomondiale, perchè è stato ritirato proprio come tributo alla memoria del pilota. Il Mondiale del 2006 è storia nota, come è storia nota l’addio con Honda e, poi, il passaggio in Superbike. E come è storia nota, purtroppo, anche la cronaca del 17 maggio 2017, quando la vita di Hayden si è interrotta (dopo aver lottato qualche giorno in ospedale) in un incrocio di Cattolica, contro una macchina, mentre si allenava in bicicletta.
Aveva scelto l’Italia anche dopo aver lasciato la MotoGP e, più precisamente, quella terra di motori tra la Romagna e le Marche in cui diceva di aver trovato una dimensione perfetta: le strade, il mare, le curve sulle colline e quel modo di vivere un po’ scanzonato e apparentemente leggero che, nonostante le differenze sostanziali, non gli facevano sentire troppo la mancanza del suo Kentucky. Piadina, motorsport e bicicletta, come uno qualsiasi, come uno che non aveva vinto un mondiale in MotoGP e per di più contro il campione locale, non solo italiano, ma proprio di quelle parti. Del pilota è noto tutto: vittorie, successi, delusioni e percorsi. Dell’uomo un po’ meno. Ma bastano le parole di chi ha avuto a che fare con Hayden per rendersi conto che quel ragazzo aveva lasciato il segno anche fuori dal giro dei motori e dal clamore del motomondiale. Temperamento mite giù dalla moto, Hayden non ha forse vinto tutto quello che la sua passione avrebbe meritato, ma la vittoria più grande è stata, senza dubbio, quella del saper essere ben voluto anche in un ambiente dove interessi, marketing e competitività tra piloti non permettono sempre di abbracciarsi con tutti.