Azione in pista, chiamate strategiche e un finale che ha tenuto tutti con il fiato sospeso: il gran premio di Ungheria non ha di certo tradito le aspettative. Alla fine a vincere, meritatamente, è Oscar Piastri, se non fosse che l’australiano, primo millenials a vincere un gran premio di Formula Uno, ha visto la propria prestazione eclissata dal pasticcio strategico di McLaren, poi convertito in un “drama” in cui ha svolto il ruolo di protagonista insieme al compagno di squadra, Lando Norris. Un vero peccato, viste anche le prime parole pronunciate dello stesso Piastri subito dopo aver tagliato il traguardo: felicità contenuta e un “scusate per aver reso il cambio di posizioni difficoltoso”, nonostante quello stesso cambio gli spettasse di diritto dopo l’ultimo valzer di pit stop.
Una prestazione macchiata, seppur superficialmente, da un team order dovuto. Una macchia che però diventa ancor più evidente se si considera come, negli ultimi giorni, a tener banco non sia stata la pesante doppietta siglata, che mancava al team di Woking da Monza 2021, quanto la cattiva gestione della gara dei due piloti, denotando ancora una volta come il team inglese sia per certi versi ancora “acerbo”. Quella di domenica però, è solo l’ultima di una serie lunghissima di storie che vede come protagonisti gli ordini di scuderia, una pratica che, sebbene sia utilizzata largamente da ogni muretto, talvolta fa parlare di sé.
Facendo qualche passo indietro, Gran Premio di San Marino, 1989. Ayrton Senna e Alain Prost, protagonisti di una delle rivalità più accese della storia della Formula Uno si giocano ancora una volta il mondiale piloti. Alla seconda ripartenza, dovuta al brutto incidente di Gerard Berger al Tamburello, Prost scatta meglio, se non fosse che Senna non si lascia intimorire e sul rettifilo che porta alla Tosa attacca il suo rivale, conquistando prima la leadership e poi il gran premio. Terminata la gara, Prost, furioso, dichiara che Ayrton aveva violato un accordo secondo cui chi fosse stato in testa alla prima curva, avrebbe mantenuto la posizione sino al traguardo. Nove anni dopo è sempre McLaren a far parlare di sé: questa volta i piloti sono Mika Hakkinen e David Coulthard; mancano ormai poche tornate alla conclusione del gran premio di Australia quando lo scozzese lascia passare il finlandese, rendendo vano, così come nel ’89, un accordo che visto l’andamento della gara avrebbe favorito lo stesso Coulthard. A seguito della vicenda e della maggiore popolarità dello sport, numerose critiche prendono piede, a tal punto da costringere il World Motorsport Council a proibire futuri accordi che intacchino la competizione in pista.
Tali misure però non sortiscono gli effetti sperati, soprattutto se si considera quanto successo in Austria, nel 2002. Micheal Schumacher, insieme alla sua Ferrari, è in lotta per la conquista del suo terzo mondiale di fila con i colori del cavallino rampante, ma a Spielberg, sino a una manciata di metri alla bandiera a scacchi è la Ferrari di Rubens Barrichello a condurre. Quando tutto sembrava ormai delineato, ecco che arriva il colpo di scena: all’uscita dell’ultima curva, all’ultimo giro, Rubinho, guidato dal muretto box, accosta lasciando la prima posizione a Schumacher. Durante le cerimonie post gara il duo Ferrari è scuro in viso: Micheal imbarazzato, Rubens avvolto da un’inesorabile tristezza; un gesto che non piacque nemmeno agli appassionati accorsi in pista che, di tutta risposta, iniziano a fischiare e inveire verso i membri del team. La fotografia finale è quella di Schumacher che, salito sul podio, cede a Barrichello il gradino più alto. Un gesto “inutile”, in quanto porta persino una multa per i due piloti oltre che per la squadra diretta da Jean Todt.
Alla luce di quanto successo, è questa volta la Fia a intervenire, ribadendo che l’uso di ordini di scuderia sia ufficialmente, oltre che nuovamente, proibito. Nel 2010, un altro schiaffo alla misura prevista arriva però proprio dalla Ferrari: si corre il gran premio di Hockenheim, passato alla storia per il famigerato “Fernando is faster than you” che costringe, velatamente, Felipe Massa a lasciar passare il compagno di squadra Alonso. A fine gara, dopo l’ennesimo messaggio atto ad alterare le posizioni in pista, la Fia si pronuncia e penalizza Ferrari con una multa di centomila dollari, per certi versi una vera e propria “carezza”. Inoltre, agli antipodi di quanto deciso anni prima, la regola che bandisce i team order viene definitivamente rimossa perché “difficile da far rispettare”. Tra Hockenheim 2010 e Hungaroring 2024, numerosi sono stati gli ordini di scuderia che tanto hanno fatto discutere: dal caso “Multi 21” che vede protagonista la Red Bull in Malesia nel 2013 al “Valtteri it’s James” nel gran premio di Sochi del 2018.
Un ultimo episodio che non può essere tralasciato è datato 1° Agosto 1999, i cui protagonisti sono Eddie Irvine e Mika Salo, chiamato da Ferrari a sostituire Micheal Schumacher dopo il brutto incidente di Silverstone. Il finlandese aveva meritato la chance concessagli, ma mai Ferrari avrebbe pensato di ritrovarlo al comando di un gran premio. Così però è stato e quando ormai Salo assaporava la sua prima vittoria, ecco che il muretto box, con l’obiettivo di favorire Irvine che stava lottando per il mondiale piloti, obbliga Salo a concedere la posizione al compagno di squadra. Un sacrificio enorme, accolto però da Salo con estrema umiltà, nonostante l’enorme valore di un’eventuale vittoria: “mi sono sacrificato ma era mio dovere, la Ferrari ora guida la classifica piloti e quella costruttori”. Dunque, nonostante i dibattiti in termini di sportività ed etica, vi è solo una certezza: gli ordini di scuderia, in un modo o nell’altro, non smetteranno mai di rendersi protagonisti.