I test di Sepang sono finiti, lasciandoci in eredità diversi temi caldi: le Ducati GP24 volano, Bagnaia e Marquez lavorano sullo sviluppo della GP25 e (forse) si nascondono sul time attack, le Yamaha sono decisamente migliorate, le Honda sono migliorate ma non abbastanza, KTM vive una preoccupante fase di stallo interrotta dai lampi di talento di Pedro Acosta, Aprilia ha perso metà dei suoi piloti in mezza giornata. Sì, nella prima mattinata malese Raul Fernandez, Team Trackhouse, è scivolato in curva nove, riportando le fratture del quinto metacarpo della mano sinistra e di un dito del piede destro. Poco più tardi, vittima di uno strano highside a gas chiuso tra curva uno e curva due, il campione del mondo Jorge Martín si è rotto il quinto metacarpo della mano destra, oltre al terzo, al quarto e al quinto metatarso del piede sinistro. Risultato? Entrambi, dopo una notte di osservazione in ospedale, sono stati imbarcati su un volo intercontinentale diretto in Spagna, dove si sono sottoposti ad operazioni chirurgiche di riduzione delle fratture, con l’obiettivo di recuperare per il Gran Premio inaugurale della Thailandia, fra tre settimane. Il paddock si è infiammato subito, con l’Amministratore Delegato di Aprilia Racing Massimo Rivola che si è detto amareggiato per quanto successo.
Sfoggiando il garbo e i toni pacati che lo contraddistinguono, Rivola non ha mancato di sottolineare il suo disappunto. L’ha fatto ai microfoni di Sky: “Quello che è successo a Jorge, onestamente, è abbastanza inspiegabile. Noi dai dati non vediamo né lui che fa niente di strano, né la moto che mostri alcun minimo problema. Se ci siamo fatti un’idea precisa? Diciamo che la facciamo pensare a voi…” – la chiosa elegante. Poi, sempre al termine del Day 1 - di fronte ai colleghi di GPone che stanno svolgendo un grande lavoro sul campo - Rivola ha citato per la prima volta la parolina magica, gomme: “Le gomme erano alla temperatura e alla pressione giuste, tutto ciò è veramente inspiegabile perché la moto ha lanciato Jorge mentre era a gas chiuso. La sua gomma era una media asimmetrica, ho parlato con Michelin per domandargli la storia di questa gomma, perché se è una di quelle gomme che restano un anno chiuse nel container, non è una bella cosa. Loro però non mi hanno detto nulla a riguardo per ora, ma ce lo faranno sapere. Gli ingegneri non sono idioti, ma sottolineo ancora che Martin non ha commesso errori, dai dati si evince che non era sul gas e la moto non aveva problemi. Credo possiate trovare da soli la risposta”.
L’accusa nemmeno tanto velata diretta a Michelin, in quelle ore, veniva spalleggiata dal Direttore del Team VR46. Uccio Salucci, orfano di un Fabio Di Giannantonio che come Martín e Raul Fernandez ha abbandonato anzitempo Sepang per operare in Italia la clavicola fratturata dopo un’impennata finita male (all’atterraggio l’anteriore si è chiuso inaspettatamente, scaricando il romano a terra), ha evidenziato una netta insoddisfazione per le condizioni in cui piloti e team sono stati costretti a lavorare nella tre giorni malese: “Sono dell’idea che non si possa andare avanti con questa situazione gomme, non possiamo avere pochi pneumatici e questi pochi non sono quelli che funzionano. Non solo ci portano poche gomme, ma ci portano anche le medie che qui non servono a niente. Il team è quindi costretto a fare girare il pilota con gomme non funzionali dovendo portarle anche al limite. Un test come questo ha un costo di circa 350.000 euro per un team e rischiamo di non girare. Ieri Franco è caduto perché girava da un’ora con una gomma che non serviva a niente e, a questi livelli, per una piccola distrazione ti sdrai e rischi di farti male. Infatti, dopo un giorno di test, mancano già tre protagonisti, tra cui il campione del mondo. Lo dico in maniera tranquilla e serena, Dorna e Michelin dovrebbero fare qualcosa. La mia è una critica costruttiva, perché amo questo sport, tutti si fanno il mazzo, poi arrivi qui e ti trovi a centellinare i giri”.
Michelin in un primo momento ha incassato, senza replicare in maniera avventata alla pioggia di critiche. Fino a quando oggi, al termine del terzo ed ultimo giorno di prove, il Responsabile del costruttore francese Piero Taramasso si è presentato al cospetto della stampa con la mente aperta al dialogo e la convinzione risoluta di chi ha in mano le prove. Quelle inconfutabili, quelle che scaturiscono dallo studio approfondito dei numeri: “Siamo disposti a portare più morbide e meno medie per il prossimo test, ma dobbiamo parlarne prima con tutti i team nelle riunioni IRTA e ci deve essere l’unanimità. Purtroppo hanno accusato le gomme troppo prematuramente, ma quando abbiamo studiato profondamente tutti i dati abbiamo visto che la posteriore media di Jorge aveva una temperatura di quindici gradi inferiore al normale nello strato più interno. Questo, sommato alle condizioni particolari del tracciato riscontrate nel day 1 (a Sepang nel primo giorno c’era vento, che ha portato sporcizia sull’asfalto, più freddo di una ventina di gradi rispetto alle condizioni abituali, ndr), ha causato la sua caduta”.
La domanda è una: in questo civilissimo calderone di critiche e contrattacchi, chi ha ragione? Aprilia ha parlato di dati che lasciavano propendere per una conclusione lampante, Uccio ha fornito un punto di vista tanto interessante quanto soggettivo, Michelin ha lasciato emergere numeri che rimettono tutto in discussione. Ed è proprio questo il punto: nella storia della MotoGP, le discussioni tra team e costruttori di pneumatici durano da quando esiste il fornitore unico (2009), e non sembrano destinate a finire. Si tratta di confronti a volte ruvidi, ma spesso inevitabili per far sì che sia il gommista che le squadre imbocchino la strada del progresso. Il compito non facile di Michelin dev’essere quello di far contenti tutti, garantendo sicurezza e allo stesso tempo un miglioramento costante delle prestazioni: al termine del Day 3 di Sepang ci sono tutti i marchi della MotoGP (Ducati, Yamaha, KTM, Aprilia, Honda) nelle prime dieci posizioni, tempi che solleticano il record della pista e tre piloti in sala operatoria.