Alessandro Mazzara, classe 2004, nato in Sicilia e trasferito a Roma in tenera età insieme ai genitori e al fratello più grande, ha iniziato ad appassionarsi al mondo dello skate proprio in uno skatepark della Capitale, in via Ciamarra nel quartiere di Cinecittà. Ed è lì che inizia l'amore per una disciplina allora considerata più una filosofia di vita che un vero sport: “Ero insieme a mio fratello più grande e ai nostri genitori, andavano di moda le scarpe con le rotelle sotto la suola e noi le avevamo. Il pavimento del mercato però era ruvido, allora nostro padre ci ha portato in uno spiazzale poco distante in cui tutti avevano lo skate e il giorno dopo siamo andati a comprarlo anche noi”. Dopo quell’incontro fortuito Alessandro non è più sceso dal suo skateboard: una tavola di legno, sei strati di acero canadese con uno di carbonio, ruote da 54 mm, cuscinetti e carrelli in ferro. Ora tutto nero con l’adesivo Red Bull, uno sponsor abituato a scegliere i migliori nello sport, e un ragazzo di 17 anni che nel 2017 conquista il primo posto alle Vert Finals Pro Skate al Nass Festival di Bristol è sicuramente degno di nota.
Il giovane talento azzurro racconta che la passione per lo sport su “tavole” è una caratteristica di famiglia, e anche la scelta di rendere la sua passione un lavoro è stata pienamente supportata dai genitori Gaspare e Daniela, con i quali ha un rapporto complementare: “Papà è sempre stato uno sportivo, più da mare perché siamo nati in Sicilia e lui è cresciuto lì. Faceva kyte, surf, gli è sempre piaciuta la tavola in generale, ma lo skate non lo conosceva nemmeno lui. A papà è sempre piaciuta l'idea di portarci a skateare, da quando avevo sette anni è stato tutti i giorni con me e mio fratello. Sono due persone differenti i miei genitori, io sono molto più simile a mia madre. La cosa bellissima del rapporto tra me e lei è che parliamo veramente poco di skate. Mentre con mio padre, per il fatto che l’ha vissuto di più, ci trovavamo realmente a confrontarci. Su questo mi ha sempre aiutato”.
Quello stesso skate gli ha permesso di vivere un’adolescenza lontano dalle insidie di un quartiere difficile come quello in cui è cresciuto, lasciandolo libero di sperimentare, imparare (Alessandro è un’autodidatta), appassionarsi, cadere e rialzarsi. Nello skateboard non c’è spazio né per la paura né per i pregiudizi, ma solo per la tenacia e la bellezza dei trick, acrobazie che a primo impatto sembrano davvero dei trucchi di magia. Mazzara è completamente a suo agio in questo sport perché è anche un creativo naturale, usa lo skate per esprimere la sua arte e pensa a YouTube come mezzo per poter arrivare a tutti: “Sono sempre stato molto fantasioso”, racconta lo skater italiano. “E lo skate mi dà la possibilità di esprimermi al meglio, quando provo a creare nuovi trick, o quando vado a guardare quelli degli altri per provare a farli miei, replicarli ma con il mio stile e la mia tecnica. C’è stato un periodo in cui usavo molto YouTube, volevo far vedere alle persone cosa facevo durante le mie giornate, durante le gare, con le mie video part (segmenti video di pochi minuti piene di trick). È bellissimo ma è come un lavoro, devi starci dietro. Quando ci sono le gare non c’è tempo, purtroppo. Ma è un progetto che non ho abbandonato”. Oltre alla creatività e alla tecnica dei movimenti, è il cinismo a farla da padrone: lo skatepark si trasforma in un’arena e tutti sono contro tutti, vince chi impara a maneggiare per primo il ritmo e trasferirlo direttamente nella sua tavola. “Non puoi assolutamente sbagliare”, dice Alessandro. “E non solo nei quarantacinque secondi di gara, dove ti accompagna l’adrenalina, ma soprattutto nei quarantacinque minuti a disposizione nei due giorni precedenti alla gara per conoscere lo skatepark: le practice sono veramente dure e gestire il tempo non è per niente facile”. Dopo un l’esordio olimpico a Tokyo, complicato dalla pandemia e da un gomito fratturato a dieci giorni dell’inizio delle gare, alle Olimpiadi di Parigi Mazzara si presenta con più esperienza e consapevolezza, alla ricerca del ritmo perfetto, una medaglia che attesti il suo valore e giustifichi la sua presenza su un palcoscenico tanto importante. Un riconoscimento che darebbe senza dubbio un ulteriore spinta al movimento degli sport rotellistici che in Italia sta trovando sempre più spazio. Lo attesta anche l’imminente World Skate Games che si terranno a settembre in varie location della penisola e che vedranno coinvolte ben dodici discipline.
I più scettici, appartenenti soprattutto alla scena underground, vedono però nel crescente interesse nei confronti dello skateboarding, e l’aumento di competizioni a esso dedicate, come un imborghesimento di uno sport fatto da e per autodidatti. “Io non mi schiero da nessuna delle due parti”, dice Mazzara. “Perché sono per l’underground, stare in giro con gli amici e skateare mi piace da morire. Però riconosco che se vuoi vivere di skate oggi, in Italia, l’unica via è fare le gare, puntare alle Olimpiadi, che sono un’opportunità per uno sport che è ancora piccolo. Questi grandi eventi sono un’occasione per crescere velocemente. Sempre più spesso i giovani iniziano ad avere allenatori e preparatori atletici, si allenano in palestra, fanno cose che prima non si pensavano nemmeno. E anche se l’underground skating continua a essere maggioritario, forse dargli visibilità è il modo migliore per far crescere la cultura”.