Quando si guarda alla carriera di un grande atleta si è portati a pensare che la strada verso il successo sia stata percorsa in un'unica direzione ma spesso gli ostacoli incontrati per arrivare all'obiettivo sono stati tanti. Ne sa qualcosa Spencer Paysinger, ex giocatore NFL, che quella vetta l’ha raggiunta con non poche difficoltà. Classe 1988 Spencer nasce nel sud di Los Angeles in condizioni economiche non particolarmente agiate. Una famiglia solida, che è riuscita a tenerlo lontano dalla strada, dalle droghe e dalle cattive frequentazioni, è stato sicuramente la sua prima grande fortuna. Un bambino semplice in fondo, con un solo grande sogno: il football. Ciò che più incarna i valori del popolo americano: competizione, unione, forza, fratellanza.
Il football che lo aiuta a crescere e che lo lega profondamente al padre in lunghi allenamenti fatti di tiri ed errori, prove e ripetizioni. Così Spencer cresce, forse ignaro del divario che può esistere fra persone della stessa città nate semplicemente in quartieri diversi. Cresce nella difficile realtà di Crenshaw, guardando giocare i suoi eroi in televisione, su quei campi che un giorno spera di calcare. Non si arrende al primo ostacolo, crede che un cambiamento sia possibile, adottando un modo di pensare che lo accompagnerà per tutta la vita.
A tredici anni arriva la svolta: Paysinger viene ammesso alla Beverly High. Magari c'è un pizzico di fortuna, forse è solo il suo grande talento, probabilmente giocano una parte fondamentale entrambe le cose. Fin da subito però il ragazzo sente lo shock culturale, la differenza di ceto e le abitudini sfrenate degli abitanti di Beverly Hills contrapposte alla vita di Crenshaw. Paysinger si trova così a navigare tra due mondi diversi, chiedendosi a quale dei due appartenga davvero, domandandosi se il suo cuore risieda dove è nato o dove sta per iniziare il suo futuro. Disuguaglianza, pregiudizio, paura di non essere abbastanza. Si racconta così, quasi teneramente, in varie interviste, e all'apice del suo successo la sua storia ispira la serie tv “All American”, di cui diviene co produttore. La sua adolescenza non è facile, ed il giovane Daniel Ezra (Spencer nella serie), mostra in maniera molto efficace le difficoltà che un teenager, costantemente sottoposto al giudizio altrui, può vivere. Beverly è il posto dove sognare è permesso, dove agi ed eccessi sono all’ordine del giorno, dove un tredicenne qualsiasi, così diverso da loro, non sembra ben voluto. La voglia di emergere e la paura di fallire, la perseveranza e la nostalgia della vita a Crenshaw, le nuove amicizie e i nuovi avversari, in un mondo il suo, in cui non c’è spazio per chiunque. Quel sogno così vicino, a volte sembra scappargli dalle mani.
Mollare e lasciarsi trasportare da ciò che qualcun altro gli impone, sarebbe più facile. Ha solo 13 anni ed ha già conosciuto le sfide più dure: quelle fuori dal campo, quelle della vita vera. Ma il giovane Paysinger non si arrende, abbassa la testa e lavora duro per tutto il liceo, distinguendosi come linebacker. Si mostra determinato a perseguire il suo obiettivo, a inseguire quel sogno che nessun pregiudizio gli toglierà mai. Viene notato dalla Oregon University dove poi diventerà capitano della squadra universitaria. Disciplina, resilienza, perseveranza, tenacia sono le parole d’ordine di ogni giocatore che sogna di entrare nella NFL, laddove le leggende nascono. Giants, Dolphins, NYJ, Panthers. Paysinger oggi ha alle spalle una carriera nelle maggiori squadre della lega, un Super Bowl e ancora tanto da raccontare. In un recente podcast ha definito se stesso come un ponte, perché: “Un ponte collega due punti nel cui mezzo c’è un canyon” dice. Chissà quante volte Spencer, è sceso in quel campo e guardandosi intorno ha pensato alla sua infanzia.
Chissà quante volte avrà guardato i tifosi sugli spalti e avrà pensato a quando quel ragazzino di Crenshaw ha creduto che quel ponte non l’avrebbe attraversato mai. I ponti uniscono, un po’ come fece lui unendo Crenshaw e Beverly e come un ponte, oggi diffonde messaggi di solidarietà e cambiamento. I ponti congiungono, come lo sport, che lega chi lo pratica e chi lo guarda. Perché in campo non esistono differenze. Alla fine, sei tu contro te stesso, correndo verso quel touchdown che ti conduce al tuo vero obiettivo.