Da questa stagione quasi tutti i team della MotoGP, nella settimana successiva al Gran Premio, pubblicano un filmato di un quarto d’ora che racchiude il “dietro le quinte” del weekend di gara. È diventato ormai un rito obbligato e gradito guardarli tutti, perché da questi contenuti emerge sempre qualcosa che la televisione e i media scrum non possono captare. Nel caso del Team VR46, ad esempio, una delle cose più intriganti - a margine di quei fine settimana corsaioli che Valentino Rossi segue da vicino - è aspettare il lancio di “Inside The Fluo” per scoprire quali consigli il nove volte campione del mondo dispensa ai suoi piloti. L’episodio numero 11, relativo ai weekend del Montmelò e di Misano, è stato piuttosto generoso in questo senso.

La prima chicca di cui bisogna parlare fa riferimento alla track walk del giovedì e rende l’idea della ricerca del perfezionismo di questi livelli: Franco Morbidelli e Matteo Flamigni - tra gare, test e allenamenti dell’Academy - conosceranno ogni millimetro del Santa Monica a memoria, eppure non rinunciano a farsi una sgambata per vedere se c’è qualche novità, qualche cordolo aggiuntivo, qualche asperità indesiderata che incrina quell’asfalto carico di aderenza. Ad un certo punto Matteo indica la staccata della Quercia e, come se stesse pensando a qualche strategia elettronica da applicare alla Ducati GP24 per renderla più docile in quel punto, commenta: “Questa secondo me non è la frenata più difficile del Mondiale, ma è tra le più delicate”. Franky la fissa, la scruta, poi si volta verso il suo capotecnico rifilandogli un cenno d’intesa. Domenica, in gara, assesterà proprio alla Quercia il sorpasso decisivo per guadagnare la quarta posizione su Fabio Quartararo.

Nel weekend solido, costante e senza sbavature di Franco (quinto nella Sprint, quarto nella gara lunga) deve aver fatto la differenza un modifica solo apparentemente infinitesimale: “Quando abbiamo abbassato la moto di due millimetri al posteriore è andata meglio” - il feedback del numero 21 al termine della mezz’ora di libere del sabato mattina. Matteo se lo annota, Valentino Rossi di fianco annuisce e poi - in un momento in cui Morbidelli non è nel box - analizza bisbigliando assieme al suo ex ingegnere elettronico gli intertempi dell’italo-brasiliano, velocissimo nel T3. Il momento clou arriva poco più tardi, quando Vale si sposta nel lato del box di Fabio Di Giannantonio che, percependo l’odore di un interessante briefing tecnico, richiama l’attenzione del suo crew chief, Massimo Branchini. “Stai a sentì, Max”, lo avvisa Diggia mentre il 46 alza il tono di voce per farsi sentire da entrambi: “Allora, ti parlo prima del turno e poi del time attack. Intanto, per come stai tu sulla moto, mi sembra che dietro siamo più appoggiati, più indietro, più seduti, dei tre-quattro più forti. Tu arrivi alla staccata del Rio che sei bello allineato col posteriore, cosa che nella MotoGP di oggi non è affatto male. Gli altri invece in quel punto dondolano tutti e lottano con l’anteriore. Il fatto è che poi, quando entri in curva, col corpo stai un po’ più indietro degli altri. Io proverei a stare più avanti”. Più delle parole e dell’occhio clinico di Valentino, la vera goduria è osservare la sua gestualità, con cui riesce a riprodurre ogni singolo frame della guida dei suoi piloti. Domenica, dopo il warm-up, marca nuovamente visita nell’angolo di box di Diggia e, mimando una simil testata di Zidane a Materazzi, scatena un momento di ilarità in un contesto comprensibilmente carico di tensione: “Se la senti che si impenna, tieni la testa in giù. Come se la dovessi prendere a testate”. Questa è la MotoGP che vorremmo vedere più spesso.