Nel post gara di Misano Adriatico è fin troppo semplice subissare di critiche Jorge Martín e il Team Pramac. Oltretutto, la tentazione di girare il coltello lì dove gli altri sentono dolore viene smorzata dalle parole e dalle espressioni di chi per forza di cose ha preso posto al banco degli imputati: il leader del Mondiale è abbacchiato, sa benissimo di aver sbagliato, è costretto a sottolineare ripetutamente una leggerezza che non pesa solamente sul suo conto. Al suo cospetto, risaltati dalla luce fredda della sala stampa, vede decine di giornalisti intenti a scavare nei meandri di un errore che lui vorrebbe dimenticare alla svelta, magari concedendosi una boccata d'aria - una passeggiata in solitudine sulla battigia delle spiagge romagnole nel tardo pomeriggio di un'uggiosa domenica di fine settembre.
D'altra parte, osservando con più cinismo i fatti del Gran Premio di San Marino e della Riviera di Rimini, risulta difficile lasciare la penna rossa nell'astuccio e non sottolineare con prepotenza l'irrazionalità di quello che è stato un mezzo disastro sportivo. La scelta di Jorge Martín di rientrare ai box e montare sulla seconda moto con le gomme da bagnato al termine del giro sette, quando sul Marco Simoncelli World Circuit cominciavano a cadere le prime copiose gocce di pioggia, potrebbe rivelarsi cruciale al termine del campionato. Potrebbe cambiare il destino di un Mondiale, forse di una carriera. Una decisione di cui lui, Jorge, si è subito amaramente pentito: "Non era possibile aspettare uno o due giri prima di entrare?", gli viene chiesto. "Di certo era possibile - chiarisce il madrileno - e sarebbe stata la scelta giusta. La mia strategia non è stata corretta, ero più concentrato sulla prestazione in gara che sul campionato, così ho pensato che per vincere oggi sarebbe stato meglio fermarsi subito. La prossima volta starò semplicemente dietro a Pecco e prenderò le sue stesse decisioni. Quanto era bagnato? In quel momento l'asfalto era parecchio bagnato, Morbidelli infatti è caduto. Da curva 3 a curva 11 pioveva molto, per quello ho scelto di rientrare. Penso che se la pioggia fosse rimasta uguale avrei vinto, ma quando sono uscito dalla pitlane con le gomme wet ha smesso. Se il team mi aveva avvisato delle previsioni meteo? No, non ne abbiamo parlato. Non sapevo esattamente cosa sarebbe successo con il meteo, forse per questo mi sono fermato. Questa volta forse c'è stata una mancanza di comunicazione tra me ed il team, non è stato un errore mio al 100%, è sempre utile avere più informazioni possibili prima della gara".
Qui ci si deve soffermare. Sulla mancanza di comunicazione tra Jorge e il Team Pramac, che avrebbe dovuto fornire al pilota più indicazioni possibili prima di una gara che da giorni si preannunciava incerta. A questi livelli, si resta a bocca aperta davanti ad un leader del Mondiale che dichiara di essere partito senza un'impostazione, senza una strategia, senza delle minime linee guida che lo aiutassero a gestire un'eventualità - la pioggia - che i meteorologhi avevano definito plausibile. Non vogliamo dire che la squadra di Paolo Campinoti avrebbe fatto bene a sottoporre a Martín, sulla griglia di partenza, i radar puntellati di quelle perturbazioni vaganti segnate in verde, in blu, in rosso - consultati nelle torri di controllo degli aeroporti per gestire il traffico in cielo. Sarebbe bastato qualcosa di ben più semplicistico, del tipo "copia ciò che fa Bagnaia", oppure "rientra solo quando sei sicuro di farlo, perché siamo in testa al Mondiale e non abbiamo bisogno di scommettere". Invece Jorge ha optato per un all in, nel senso che è stato l'unico tra i primi dieci ad imboccare la corsia dei box, mentre Bagnaia davanti a lui tirava dritto. "Quando ho capito che la mia scommessa non avrebbe pagato? Appena sono rientrato in pista, non pioveva più" - ammette con gli occhi bassi. "Ho aspettato un attimo per vedere se potesse ricominciare, poi sono rientrato. Da lì in avanti sono stato doppiato e sono rimasto bloccato dietro al gruppo di piloti che lottavano per il quarto posto, non potevo sorpassarli altrimenti avrei preso bandiera nera. Ho solo cercato di arrivare al traguardo per prendere il punto del quindicesimo posto".
Un'altra scuola di pensiero, affezionata alle immagini di Valentino Rossi ed Andrea Dovizioso che sulla griglia di partenza non smettevano di fare domande a capotecnici e gommisti, ribalterebbe la questione: Jorge Martín poteva essere più curioso, più attento, meno superficiale. Vero; ma va considerato che lo spagnolo non ha ancora l'esperienza di un veterano e che la sua indole è diversa: lui prima di una gara deve solo pensare ad andare forte, cosa che - forse - gli riesce meglio di chiunque altro quando guida a mente sgombra. Per questo motivo viene naturale concludere che l'iniziativa strategica sarebbe dovuta partire dalla squadra, che avrebbe avuto tutto l'interesse del mondo nel contenere l'istinto del suo pilota con qualche raccomandazione tattica. In ogni caso, Pramac e Martín lasciano Misano con la leadership del campionato ancora salda nelle mani. Si ripresenteranno sullo stesso asfalto, tra due settimane, con un punto debole in meno.