Interviste come questa ti fanno pensare che forse, in fondo, l’intelligenza artificiale non può rubare il lavoro proprio a chiunque: da una parte al telefono c’è Paolo Beltramo, dall’altra Alessio Salucci. Uccio dice che “ai tempi in cui siamo arrivati nel mondiale (lui e Valentino, ndr.) eri il nostro idolo”, Beltramo la risolve con una risata e ci restituisce un’intervista gigantesca, sincera e piena di roba inedita che nel migliore dei casi fino ad oggi era rimasta nel campo delle congetture. Perché a Tavullia vige da sempre la riservatezza, ma per gli amici il trattamento è diverso. Una macchina di interviste così non ne può offrire. Beltramo la titola “Io e Valentino Rossi, un’amicizia nata nei passeggini”, la trovate integrale sul sito di Sky. Dentro c’è Uccio senza censure, “finalmente uscito dall’ombra di quel vento veloce che lo ha accompagnato praticamente per tutta la sua vita”. Mica solo quello però. Ci sono le notizie, come la VR46 che voleva le Suzuki, o magari le Yamaha, e poi si è trovata al tavolo della Ducati. Ci sono i rivali di Valentino, anche quello di cui nessuno parla mai volentieri. Tanti inizi - nel mondiale, in Yamaha, con l’Academy e poi col team - e tante storie che, a dire la verità, così non le avevamo mai sentite.
A cominciare dal ruolo che ha ricoperto per un quarto di secolo, forse anche qualcosa in più, quando ‘l’Uccio’ per molti è diventato un mestiere, anzi un modo per campare sul successo altrui: "Se ci ripenso adesso devo dire che allora avevo 19 anni e mi rompevano le scatole persone più adulte di me e non la prendevo bene, mi dava fastidio”, racconta lui. “Poi però crescendo, già a 23-24 anni mi sono chiesto se facevo qualcosa di male e mi sono risposto che invece facevo soltanto onestamente il mio per Vale e per questo sport. Quindi riuscivo a ragionare con la mia testa e ho continuato a fare il mio lavoro guidando il motorhome di Vale, tenendogli a posto tutto, aiutandolo con gli appuntamenti in pista e a casa, dandogli anche qualche consiglio. Mi divertivo. Parlandoci chiaro: gli 'Uccio' c’erano anche prima di me. C’era 'l’Uccio' di Biaggi, quello di Schwantz, di molti piloti. Essendo io con Valentino sono diventato più famoso. Mi stava sui maroni che molti dicessero: 'parassita, leccac...o di Vale' invece gli altri erano l’assistente. Perché non potevo esserlo anch’io? No io ero una…”. Ora che il Mooney VR46 Racing Team vince le gare ed è secondo nel campionato a squadre, le cose sono decisamente cambiate.
A questo proposito, Uccio racconta anche delle lunghe trattative con Yamaha, Suzuki e infine Ducati per entrare in MotoGP: “Vale all’inizio mi disse che la MotoGP sarebbe stata difficile, che non era la Moto2 dove avevamo avuto molto successo. Era il 2020 e io gli dissi che forse mi trovavo meglio con la MotoGP. Nel senso che la Moto2 per me era una novità totale, mentre in MotoGP c’ero stato molti anni insieme a Vale e sempre in team ufficiali. Così è andata e siamo partiti. Vale mi ha dato in mano il progetto e siamo qua. Inizialmente volevo fare con Suzuki, poi Suzuki non ha fatto le moto e si è ritirata, Yamaha era con Petronas e non volevamo rompere le scatole a nessuno. Con Ducati nelle prime riunioni con Paolo Ciabatti e Gigi Dall’Igna mi faceva un po’ strano parlare delle nostre moto, però ho subito visto in loro gli occhi giusti, con la voglia. Io avevo paura di qualche strascico lasciato da noi in Ducati, invece ho visto che avevano voglia di prenderci per mano e di farci crescere. Così mi diverto da matti. Gigi è un genio, ci si parla molto bene, anche se a volte ci scontriamo poi torniamo subito in sintonia. Non credevo di poter avere questo rapporto con loro. È stata una sorpresa molto positiva Ducati. Il futuro? Nel 2024 avremo ancora le Ducati, poi nel 2025 scade il contratto. Io e Gigi abbiamo già iniziato a scambiare due parole, molto molto soft, ma abbiamo cominciato. A tutti due piacerebbe andare avanti”.
Gli inizi però sono stati duri, durissimi. Probabilmente più di quanto si potrebbe immaginare, perché lanciare un team in MotoGP significa scommettere una montagna di soldi sperando che qualcosa torni indietro: “Viaggiavo in aereo con i miei ragazzi con i voli low cost e non con i voli privati, andavamo negli hotel peggiori perché avevamo poco budget… Non è stato facile un po’ per tutto, però ho sempre creduto, meglio sperato che le scelte che avevo fatto fossero giuste, che i ragazzi potessero crescere. Alla fine diciamo che ho avuto ragione, perché moto e piloti non vanno male direi. Ci ha fatto i complimenti anche Gigi e sono cose importanti perché noi sì siamo la VR, ma non sai chi sono Uccio, Pablo e gli altri. Insomma prendendo sempre più credibilità, anche con Ducati ci siamo sentiti stimolati, convinti e abbiamo continuato sempre meglio”.
Paolo Beltramo è anche l’unico a poter chiedere a Uccio “Chi ti sta più sulle palle tra Biaggi e Marquez” e avere in cambio una risposta ragionata, questa: “Non è paragonabile. Biaggi mi è stato antipatico, ma nelle cose belle, anche quando ci ha dato la paga, perché ce l’ha data un bel po’ di volte, ma adesso ricordo tutto con simpatia perché è un cagnaccio, come Vale, uno che vuole vincere, a parte qualche sportellata, sempre in maniera corretta. L’altro invece non è stato corretto, parliamo quindi di due cose completamente diverse”.
Lo chiama ‘l’altro’, ma poi Beltramo gli chiede della crisi Honda e lui di Marc comincia a parlare sul serio: “Secondo me loro hanno, anche giustamente, seguito le indicazioni di Marquez. Ma adesso Marc è in difficoltà e se non la guida neanche più lui, pensa gli altri. Secondo me Marquez è stato anche molto egoista, nel senso che quando capiva che una cosa avrebbe potuto aiutare anche gli altri piloti Honda, lui la bocciava, tanto lui la guidava. Questo è la mia opinione, ecco. Poi non so, ma torneranno presto”.
Questo approccio di Marc allo sviluppo però non è una suggestione del primo uomo di Valentino Rossi, è una cosa che in tempi piuttosto recenti è stato lo stesso spagnolo a confessare. Ancora più trasparente, se possibile, Uccio lo è nei confronti della Yamaha: “La moto del 2006 era si può dire molto simile a quella di adesso”, dice parlando dell’evoluzione della M1. E poi: “Nel 2015/16/17, quando la Yamaha iniziava ad avere problemi sempre più evidenti, Valentino si focalizzava troppo su questi aspetti negativi. Nel 2004 non l’ha fatto, dopo sì, però è una cosa naturale della vita: conosci il mezzo, sei grande magari, non hai più voglia di prenderti quel rischio che prendevi prima. Magari ha pensato un po’ troppo alla parte tecnica, ma andare forte con quella moto lì era molto difficile. Poi, a parte il titolo di Quartararo, si vede, basta guardarla in pista, i problemi della Yamaha sono sempre gli stessi di quando c’eravamo noi”.
Altra domanda che solo Paolo Beltramo poteva fargli: non credi che oltre al nome e ai capelli Bezzecchi abbia tanto in comune con il Sic, Marco Simoncelli? “Dico di sì”, la risposta di Uccio. “Anche lui ha bisogno di giocare a carte, di stare con la gente che gli vuole bene, con Flamigni si è creato davvero un rapporto fantastico e sì, il Bez mi ricorda tanto il Sic nei modi di fare, hanno lo stesso approccio alle gare, addirittura un po’ un modo di guidare simile, anche se il Bez è più piccolino. Ha molto che ricorda Il Sic”.
Nel mezzo ci sono suggestioni, piccole storie come quelle delle gag (“ce le presentavano e non erano ragionate. Erano sempre una peggiore dell’altra. Io e Vale ridevamo da matti tipo quella dei birilli: ce ne presentavano 2 o 3 e noi sceglievamo la meno stupida”), e poi l’Academy, le corse in macchina, i momenti duri. Un racconto così è merce rara perché a restituircelo sono due persone che queste cose le hanno vissute, ci hanno fatto i conti a volte assieme e altre dai due lati della barricata. Leggetelo.