“La verità è che un po’ di timore ce l’ho. Tipo una preoccupazione. Perché io ho passato tanti anni nel Motomondiale e ho avuto sempre le cuffie per i collegamenti e quindi non so esattamente come si fa lo speaker di un circuito. Se a questo aggiungiamo che quel circuito è il Mugello e che prima di me l’ha fatto per una vita un certo Giò Di Pillo, allora i pensieri non sono più solo pochi, ma tanti davvero”. Paolo Beltramo passa a salutare gli amici di una vita nella sala stampa del Mugello. Quest’anno ha la divisa del circuito. Perchè è a lui che hanno pensato per fare da voce ufficiale a questo GP d’Italia. Il secondo senza Giovanni Di Pillo.
“Ho già detto di avere un po’ di timore, ma è niente in confronto all’emozione e all’orgoglio che provo. Una cosa, però, la dico subito: non mi azzarderò minimamente a gridare ‘buongiorno Mugello’. Quello era un marchio, qualcosa che sarebbe irrispettoso ripetere e che mai e poi mai verrebbe uguale. Il buongiorno Mugello di Giò Di Pillo deve restare con l’inconfondibile voce di Giovanni. Mi inventerò qualche altra formula. Anzi: si accettano consigli”.
Cuore che scoppia e occhi che si gonfiano un po’. Perché il ricordo di chi ha fatto qualcosa nelle corse e ha amato davvero le corse non cambia sia se si parla di piloti, di tecnici, di manager o di giornalisti e speaker. “Giovanni e io qui al Mugello non parlavamo molto – ha raccontato ancora Beltramo – Per lui era un impegno totale spalmato su tre giornate e pure per me, nel mio ruolo da inviato nei box, era il fine settimana in cui si lavorava di più, trattandosi del GP d’Italia. Lui, poi, seguiva la Superbike durante la stagione, mentre io il Motomondiale, quindi non ho mai vissuto Giò come un collega, ma quasi più come un idolo. Ecco, penso che questo dovrebbe rendere l’idea dell’emozione che provo”.