23 ottobre 2011. 23 ottobre 2022. Sono passati undici maledetti anni, è domenica mattina e la MotoGP corre ancora in una nuvolosa, umida Sepang. Al secondo giro le moto sfilano a curva 11. “Ciao Marco” - lo sussurriamo tutti.
Lì Marco Simoncelli ci lasciava per sempre dopo un terribile incidente; il destino volle che Colin Edwards e Valentino Rossi non potessero evitare la sagoma del Sic. Marco – con una dinamica per certi versi ancora inspiegabile – rientrava rapidamente in traiettoria perché aveva fatto perno sulla sua Honda Gresini, che riacquistava improvvisamente aderenza. Aveva tentato – un po' come si fa oggi buttando spalla e gomito a terra – di salvarsi da una chiusura dell’avantreno. Marco Simoncelli, anni 24, era rimasto aggrappato sino all’ultimo secondo alla moto, al suo sogno, a ciò che gli dava più gusto fare. In Romagna, a Coriano, si dice così. Non può essere una consolazione, mai lo sarà. Oggi, giorno della ricorrenza e giorno di gare, è ancora più dura e “bisogna andare avanti” suona puntualmente come una frase odiosa. Poi però, ai box, scorgi il babbo di Marco Simoncelli. Paolo ha avuto la forza di tornare in pista, di tornare su questa pista accompagnando altri ragazzi giovani alle gare. L’eredità che il Sic ha lasciato al mondo delle due ruote, agli appassionati, è enorme. Eppure potrebbe essere racchiusa nell’immagine di Paolo che, prima della partenza della Moto3 a Sepang, sprona con tono burbero i suoi pilotini.
Ed è proprio Paolo Simoncelli, in una toccante lettera a Repubblica che noi riportiamo, a ricordare Marco meglio di chiunque altro: “Cercare di raccontarvi Marco in poche parole è come chiedere a Reinhold Messner di scalare tutte le montagne da ottomila metri del mondo in un giorno solo. Vi scrivo da un circuito che si chiama SIC, che ironia della sorte, non porta questo nome perché dedicato a mio figlio ma perché è l'abbreviativo di Sepang International Circuit, da molti anni tappa fissa del motomondiale. Io vi scrivo proprio dalla Malesia perché, come i più appassionati sapranno, dal 2012 gestisco un team in Moto3. Per molti la Malesia è terra di sole e di mare, dove il clima umido sprigiona questo inconfondibile odore di vacanze. Per me è inconfondibile tanto quanto lo sono le emozioni che mi legano a questo posto, a questo circuito che tanto mi ha regalato e tanto tolto. Il bello che mi ha dato questo circuito: correva l'anno 2008 e il 19 ottobre un ricciolone tagliava il traguardo e si laureava Campione del mondo nella classe 250. Il brutto è storia nota. Quest'anno il 23 ottobre cade di nuovo di domenica e la gara si disputa su questa stessa pista. La Sic58 squadra corse, così si chiama il nostro team, sfilerà come sempre, con orgoglio, con i colori che erano di Marco. Se sono ancora in questo mondo nonostante sia una faticaccia, tra le più belle per carità, è perché il suo ricordo sia più forte del tempo che passa. Se sono ancora qui dopo undici anni, nonostante tutte le difficoltà, è perché lui è vivo dentro di noi, che lo ricordiamo come meglio sappiamo fare: correndo. Mi è stato chiesto: "Paolo, hai voglia di scrivere di Marco per Repubblica?". Mi sarebbero bastate nove semplici parole: Manchi Come L'Aria Marco, no anzi di più.”