La Ducati in questo finale di stagione ha deciso di non adottare plateali ordini di scuderia, preferendo la “linea del buonsenso”. I piloti Ducati (compresi ovviamente i piloti Pramac, Mooney e Gresini) sono liberi di gareggiare tra loro, senza imposizioni, e abbastanza maturi per capire quando è giusto attaccare Pecco Bagnaia, che si gioca il mondiale, e quando invece sarebbe meglio non infastidirlo. Premessa: si tratta di una posizione coraggiosa e, solo per questo motivo, ammirevole. Contribuisce a mantenere le gare della MotoGP autentiche e mai scontate, ad alimentare quel brividino lungo la schiena degli appassionati. Per come si è concluso il GP della Malesia, oltretutto, va detto che Ducati ha avuto ragione. Bagnaia ha vinto e Bastianini, secondo, ha tolto punti importanti a Quartararo. Il coraggio, però, comporta dei rischi, che vanno sempre soppesati. E allora non si può chiudere un occhio sul fatto che Bagnaia, nel tentativo di controsorpasso su Bastianini, abbia rischiato di scivolare tra curva 7 e curva 8. Che spesso il confine tra essere coraggiosi e fare la frittata è molto sottile. Oggi a Sepang - grazie a due piloti fortissimi, alla moto migliore del lotto e ad un pizzico di fortuna – è andata di lusso.
A due gare dal termine della stagione non ci sarebbe niente di male nell’impartire ordini di scuderia. La Yamaha ha impiegato una decina di curve per chiedere a Franco Morbidelli, con un messaggio sul dashboard, di lasciar sfilare il compagno di squadra Fabio Quartararo (che Franco non sia in lotta per le prima posizioni in classifica e oggi fosse obbligato a scontare due long lap penalty è un altro tema, il titolo mondiale deve avere la precedenza su tutto). In quel momento le telecamere della regia internazionale non hanno tergiversato nel box Yamaha, non hanno avuto modo di cogliere espressioni indecise o preoccupate degli uomini di Iwata. Lo hanno fatto più tardi, quando Bastianini ha scavalcato Bagnaia, pescando le facce tese e titubanti dei vertici di Borgo Panigale. La gara stava prendendo una piega inaspettata, per qualche giro Enea e Pecco sembravano essersi dimenticati del buonsenso, presi dall’adrenalina insita in una gara di MotoGP con 30 gradi nell’aria e quasi 50 sull’asfalto. Anche nel box Ducati la strategia del buonsenso vacillava, i dirigenti di Borgo Panigale parevano incerti sul da farsi, improvvisamente meno convinti che Bastianini – nei confronti di Pecco – si attenesse alla disciplina. È bastata una normale segnalazione sulla tabella del pilota riminese con la scritta “Bagnaia” in stampato maiuscolo per riportare la situazione sotto il controllo del buonsenso, che poi Enea ha ineccepibilmente adoperato. Ma a quel punto Pecco aveva già rischiato di cadere, nello stesso frangente in cui – per altro – era scivolato al sabato durate il terzo turno di libere. Attendere, poi, che Bezzecchi attaccasse Quartararo per adottare, a quel punto sì, un deciso ordine di scuderia nei confronti di Bastianini e garantirsi definitivamente il titolo mondiale (se Quartararo fosse arrivato 4° e Bagnaia 1° i giochi si sarebbero chiusi), è una tesi fragile. Perché anche senza il sorpasso di Bezzecchi ai danni di Quartararo, per altro mai verificatosi, 5 punti in più – differenza tra prima e seconda posizione – sono un bottino fondamentale da portarsi a Valencia, in vista del gran finale. Cinque punti che adesso obbligano Quartararo a vincere in Spagna per tentare di strappare il titolo a Pecco Bagnaia, il quale può concedersi di arrivare quattordicesimo. Bagnaia che – doveroso ripeterlo – non è leader del mondiale grazie ad aiuti o regali. E un ordine di scuderia in favore di Pecco, oggi, non sarebbe stato altro che una normale, giusta, sicura tutela nei suoi confronti. L’aveva timidamente chiesto dopo le qualifiche e l’avrebbe meritato per tutto quello che ha fatto sinora. Un’altra volta, tuttavia, non ne ha avuto bisogno. E la Ducati ne è uscita pulita, perbene, intonsa.