Sono passati 10 anni da quella domenica d’ottobre a Sepang, quando Marco Simoncelli ha perso la vita. Il 58 però è ancora ovunque, c’è chi lo usa come un talismano e chi - come Mattia Pasini e Paolo Beltramo - se l’è tatuato addosso. Papà Simoncelli quel numero l’ha fatto rivivere nel motomondiale con la Sic58 Squadra Corse e, in qualche modo, Marco è ancora nel paddock. Lo senti dai comunicati stampa scritti personalmente da Paolo, dalla scelta dei piloti e dalle interviste con la stampa. Ma anche dal camion della squadra, con una gigantografia di Marco che sorride al motomondiale.
In un’intervista al Festival dello Sport di Trento, Paolo Simoncelli si racconta in un’intervista sui 10 anni senza Marco, sulle corse e tutto il resto: “10 anni fanno male, tanto - racconta Paolo - io e la mamma abbiamo cercato di sopravvivere, impegnandoci nella fondazione e nella Squadra Corse. Non ci rattrista parlare di lui, lo facciamo volentieri. Anche perché rifaremmo tutto: lui era felice e questa cosa, per un genitore, è la più importante”.
Poi racconta del 2008, l’anno del titolo in 250 e del famoso T’an are’ vent e’ mundiel Callaghan esposto dal muretto dei box: “Quell’anno ha avuto un sacco di chance, tutte le grandi case ci hanno cercato. Marco mi ha detto ‘ho faticato tanto per essere qui, voglio fare un altro anno da campione del mondo’, prima del salto in MotoGP”.
Di quel 23 ottobre a Sepang Paolo Simoncelli ricorda tante cose, tra cui il primo abbraccio, con il rivale di sempre: “Ricordo un silenzio del paddock incredibile, un silenzio assordante, ce l’ho ancora nelle orecchie. E poi, l’abbraccio di Pedrosa, uno dei suoi peggiori rivali. È stato il primo, è arrivato subito, ancora oggi ci abbracciamo: mi ha trasmesso qualcosa di speciale. Era come se avesse voluto fare pace con Marco”.
La domanda che tutti si fanno, e che si fanno ancora più spesso da quando Valentino Rossi ha annunciato il ritiro, è se Marco avrebbe potuto essere il suo erede: Non spetta a me dirlo - ha risposto Paolo - certo è che le caratteristiche di Valentino e Marco non le rivedo ancora nei giovani di oggi. Un duello con Marquez? Ci saremmo divertiti, c’era la stessa mentalità e la stessa voglia di lamentarsi poco”.
L’intervista poi arriva al presente, dal team in Moto3 alla pericolosità dei circuiti: “La squadra corse è servita soprattutto a me, mi ha aiutato a vivere meglio. Quello che è successo ad Austin ha fatto capire a qualcuno che è ora di metterci le mani. Io ho fatto una guerra personale contro la zona verde: non è giusto che un pilota vada fuori, poi ritorni e poi si giochi la vittoria”. ha concluso Simoncelli.