Di parlarne ha zero voglia, ma Paolo Simoncelli è uno che alla fine una parola te la dice sempre. Anche se ha quell’aria lì da burbero, anche se sa perfettamente il motivo per cui lo hai chiamato e quindi anche che, vuoi o non vuoi, dovrà ricordare quelle immagini che ormai dall’ottobre del 2011 lo hanno segnato per sempre. “L’incidente di Pecco? – ha chiesto rispondendo al telefono – Cosa vuoi che ti dica sull’incidente di Pecco? E’ stato brutto, brutto davvero, e sono contento che sia andata bene. Ma altro da dire non ce l’ho”.
Non ce l’ha o, più probabilmente, non vuole aggiungere molto, perché le emozioni, a volte, ti fanno dire cose che neanche vorresti e dall’altra parte del telefono c’è pur sempre qualcuno che potrebbe giocarci sopra. Tanto che Paolo ci pensa ancora un po’ su, poi aggiunge: “Sono scene che uno non vorrebbe vedere mai, ma queste sono le corse”. Quelle stesse corse che gli hanno regalato le gioie più grandi e pure il più atroce dei dolori. Quelle stesse corse che, però, gli hanno pur fornito l’appiglio per andare avanti e dare vita a un progetto che porta il nome di suo figlio e che onora l’amore a la passione che quel figlio aveva per le corse stesse. “Sai – prosegue ancora Paolo – sono un po’ stanco. Mi sono riproposto di scrivere qualcosa nel blog della Sic58, come faccio sempre sul fine settimana di gare, toccando anche l’argomento dell’incidente di Pecco. Perché è chiaro che l’ho visto anche io e che quelle immagini mi hanno colpito. Però ho preferito far passare un po’ di tempo, voglio aspettare un attimo. A dire il vero il tempo non l’ho neanche avuto, perché siamo reduci dai test con i nuovi pneumatici Pirelli e sono tornato questa notte. Quindi sono anche un po’ stanco. Ma qualcosa scriverò a breve. Intanto ti dico che i test sono andati meglio di come mi aspettavo, pensavo peggio. Dai”.
Non c’entra con il motivo della chiamata, però quel “pensavo peggio” la dice lunga su un modo di intendere la vita che Paolo Simoncelli ha dovuto fare suo e che gli ha insegnato che comunque è sempre davanti che bisogna guardare. Magari provando anche a vedere il bello. Quando c’è. E dove c’è. Così ci proviamo ancora a riportare la chiacchierata sull’incidente di Pecco a Barcellona, buttando là che qualcuno ha proposto di far partire i piloti più distanziati per evitare i pericoli immediatamente successivi al semaforo verde. “Sulla sicurezza si fa tanto e si potrebbe certamente fare sempre di più – ha aggiunto – Si può discutere di tutto e confrontarsi è sempre qualcosa di positivo, ma la verità vera è che nelle corse gli incidenti ci sono stati sempre e ci saranno sempre. Tutto quello che si può fare è lavorare per limitarli sempre di più e limitarne le conseguenze. Ma per quante variabili puoi prevedere, qualcosa resterà sempre fuori. Io non lo so di preciso cosa sia successo a Pecco per volare via dalla moto in quel modo, so solo che è andata bene davvero e sono contento di questo. A volte va bene, altre volte meno bene, altre ancora, purtroppo, va dannatamente male. Paradossalmente penso che, oltre al destino, Pecco debba ringraziare Enea Bastianini, perché, senza quella carambola alla prima curva provocata dall’errore di Enea, ci sarebbero stati ben cinque piloti in più sulla pista. Un conto è che ti schivino in 15 e un altro conto è, invece, se sono 20”. Gruppo meno folto e maggiore possibilità, quindi, per tutti quelli che erano dietro a Pecco di vedere quello che era appena successo e di schivare il campione del mondo rimasto a terra. Senza troppe analisi – che invece spettano a quelli che lo fanno per mestiere – ma solo con la stessa consapevolezza di Paolo Simoncelli: essere contenti che sia andata bene, trovando il bene persino in un incidente altrettanto pericoloso avvenuto poco prima, e comunque guardare avanti. Anche quando si ha poca, o nessuna, voglia di parlare.