Pecco Bagnaia guarda la telecamera montata sul dashboard e muove la mano alla Luca Toni in esultanza da gol, che per chi passa le proprie giornate nel paddock è un movimento alla Paolo Simoncelli. La mano fa girare le rotelle in testa e il babbo del Sic dice “Andettend?”, un gesto che negli anni è diventato un adesivo che Valentino Rossi sceglie per celebrare sui social la vittoria.
Francesco scatta tredicesimo: nessuno vince partendo così indietro dal 2006, quando oltretutto di maniere per passare ce n’erano di più. Oltretutto Jorge Martin parte bene, anzi benissimo, sembra quasi che stia esagerando. Al 13° giro Martin cade, dopo essere andato largo alla curva 10, riportando Bagnaia in testa al campionato. Primo: Jorge correva con la morbida all’anteriore, Pecco con la dura. In altri quattordici giri, forse, le cose sarebbero cambiate comunque. Secondo: in quel momento Bagnaia è a un secondo da Maverick Viñales, dietro a Fabio Quartararo ne servono tre per riprenderlo. Poteva gestire, arrivare in fondo e lasciare che la matematica facesse il suo corso. Invece nella sua testa non è cambiato nulla, le opzioni in quel momento continuavano a essere vincere o stendersi. Pecco vince. Vince con autorità, carattere, coraggio, fame. Con la forza e la magia di un uomo che ferma un treno in corsa. Quando gli facciamo notare che fino a ieri diversi piloti (Marc Marquez, Fabio Quartararo, Aleix Espargarò, Joan Mir, Pol Espargarò…) davano per favorito Jorge lui sorride, poi alza le spalle: «I piloti dovrebbero sapere benissimo come vanno le corse».
Perché puoi stare in alto e non sbagliare nulla per qualche gara, ma è come stare in equilibrio su di una fune: più passa il tempo più diventa difficile. E prima o poi cadi. E Bagnaia, suo malgrado, è campione mondiale di errori stupidi e recuperi, professionista nel voltare pagina ha già scritto una grande storia. Nel giro di 24 ore è cambiato tutto, Pecco lascia l’Indonesia dopo aver invertito la tendenza. Perché qui non è una gara tra chi insegue e chi scappa, è una sfida con sé stessi al momento d’oro: quanto puoi reggerlo prima di cedere? Ora è di nuovo il numero uno a condurre la partita: «Siamo ad un livello in cui si fa presto a cadere», ci racconta dopo la gara. «Lo sappiamo benissimo e io cadute come quella di Jorge purtroppo ne ho fatte tante: è successo a Austin, in India. Diverse volte. La nostra moto è velocissima ma devi capirla, poi ci sono volte in cui hai talmente tanto feeling che comunque devi cercare di stare attento. Jorge purtroppo è scivolato quando andava fortissimo. Non so come sarebbe potuta andare perché comunque aveva un passo molto veloce e le gomme soffrivano, non so come sarebbe finita. Quando ero dietro a Maverick ho pensato di andarlo a prendere, il gap si era un po’ bloccato».
Quando gli diciamo che era dal 2006 che qualcuno che non vinceva partendo oltre la quarta fila, Pecco sorride di nuovo: «Figo, a me piacciono queste cose qui. Alla fine in Malesia l’anno scorso partivo nono, però alla prima curva mi sono trovato già secondo e ho dovuto anche fare dei sorpassi. È bellissimo ma è vero che ormai è difficile superare, se vai più forte riesci a trovare sempre una soluzione per buttarti dentro». Questa è la stessa cosa che può dire della sua carriera: una soluzione per vincere, se hai tutto il resto, la troverai sempre. Anche recuperando più di novanta punti come l'anno scorso o vincendo dopo essere partito 13°, come quest'anno. La verità? Francesco sta scrivendo, in silenzio, la storia di questo sport.