È veloce, ma soprattutto concreto. È l’uomo della domenica, perché nonostante tutto la domenica è la vera giornata di gara. In una MotoGP in cui nessun pilota è riuscito a vincere due gare in fila, in cui su 20 GP abbiamo visto otto vincitori differenti, Francesco Bagnaia riesce a essere costante. Questo significa molto più di quanto si possa immaginare: significa trovarsi bene in ogni circuito, in ogni condizione, contro ogni avversario in giornata, perché buona parte dei piloti ha la giornata. Il suo approccio, per esempio quando dice che c’è ancora da migliorare e lui sa dove farlo, dovrebbe spaventare gli altri. Francesco ha trasformato un campionato rabbioso, imprevedibile e pericoloso come un toro inferocito in un pony da mostrare ai bambini. “Per trovare motivazione, due o tre volte abbiamo detto col mio allenatore che gli unici due a tenersi il titolo negli ultimi vent’anni sono stati solo Vale e Marc”, racconta Pecco in un’intervista concessa a Dorna con la coppa del titolo sullo sfondo. Quando dice “due o tre volte” probabilmente intende due o trecento volte. Perché per arrivare a ripetersi serviva l’ossessione. Poi racconta un po’ la sua stagione: “È stato un lungo viaggio, anche mentalmente è stata veramente dura. Però penso che quello che abbiamo fatto sia stato fantastico, ho cominciato nel miglior modo possibile, fatta esclusione per Austin e Argentina dove sono caduto”.
Il momento in cui vale la pena ascoltare due volte è quando parla della caduta di Barcellona, il giorno in cui abbiamo visto la compagna Domizia piangere fuori dal centro medico e Davide Tardozzi provare a consolarla. Pecco arriva la settimana dopo a Misano, ha la tuta gialla per celebrare Ducati e una fasciatura alla gamba destra. Dice di non riuscire neanche ad andare in bagno da solo. “Dopo Barcellona ho cominciato a soffrire di più”, ricorda. “È stato uno dei momenti più duri e difficili della mia carriera. Il giorno dopo mi sono svegliato completamente distrutto. Non potevo neanche muovermi dal letto. Non è stato facile ma abbiamo spinto molto mentalmente. Abbiamo preferito non parlarne troppo con i media, con la gente. Perché la gente non può capire tutto. Non volevo avere scuse”.
In queste parole c’è tutto Francesco Bagnaia. Non volevo avere scuse può sembrare una banalità ma non lo è per niente: lui che non ha mai chiesto aiuto agli altri, che corre senza dover dare spiegazioni, che cerca la pressione mediatica e sportiva perché zittire il mondo per uno sportivo è una delle sensazioni più grosse ed avvolgenti che si possano provare. Il motivo? Ti senti padrone del tuo destino, che in un mondo in cui ogni dettaglio fa la differenza e la fortuna diventa fondamentale è la forza più grande su cui tu possa fare affidamento. Pecco Bagnaia è questa roba qui. Duro, dritto, freddo. Ha capito che non si può correre senza sentirsi, di tanto in tanto, umani, e gioca per sfruttare anche questa carta.
Lo capisci ancora meglio quando continua, quando racconta della rivalità con Jorge Martin con cui si è acceso il finale di stagione: “Dopo Barcellona Jorge è diventato veramente veloce. Ha dimostrato di essere il più veloce in alcuni momenti della stagione. Nella Sprint è stato sempre fortissimo e lì devi essere il più veloce. Per vincere la domenica però devi essere il più forte, e abbiamo dimostrato che eravamo sempre noi. La pressione è un privilegio. Senza questo feeling, senza questa sensazione non puoi godertela. Vincere, perdere e la possibilità di essere sotto pressione è grandioso. È la miglior sensazione possibile e voglio dire grazie a Jorge per avermi aiutato, per avermi fatto sentire di più così”.
Ora, difficile sapere quanto lo abbia detto per sé stesso (quasi sicuramente) e quanto, invece, abbia voluto togliersi lo sfizio di ricordare al vecchio compagno di squadra chi dei due abbia il coltello dalla parte del manico. “Sarà sempre più dura”, spiega a proposito del 2024. “L’anno prossimo ci sarà Marc con la Ducati, e Jorge Martin sarà ancora lì, poi Bezzecchi, forse Quartararo con la Yamaha, forse Morbidelli con la Ducati e le KTM, impossibile scordarsi di loro. Ma le vittorie chiamano vittorie. Penso che non smetterò mai di volerle”.