Pietro Bagnaia non fuma. Però se sei il babbo di un ragazzo che si sta giocando il mondiale e che poche ore prima s’è visto rosicchiare sette punti per aver sbagliato la scelta delle gomma, magari la voglia di fumare ti viene. Soprattutto se è la notte prima dell’ultimo atto, quello che potrebbe farti ritrovare il giorno dopo a fare una festa pazzesca per qualcosa di epico, oppure a sciugare le lacrime meno asciugabili. E finisce che una sigaretta te l’accendi. Pietro Bagnaia l’ha accesa. Solo che esattamente in quel momento lì, quando pensi di stare tutto da solo a fare qualcosa che di solito non fai e a mettere a posto il groviglio di pensieri che ti ritrovi in testa, succede che passano quelli di MOW. A Pietro Bagnaia è successo a Misano, quando l’abbiamo “pizzicato” a passeggiare nervosamente su un pezzetto di prato prima del Curvone, e è successo anche ieri notte, quando Cosimo Curatola ha visto il babbo di Nuvola Rossa dentro una nuvola di nicotina. E oggi, subito dopo l’esplosione di gioia per l’impresa di Pecco, glielo ha pure ricordato.
“In verità non fumo – ha detto Pietro, prestandosi a una intervista nel bel mezzo del casino festaiolo che regnava nel box di Ducati – Accendo una sigaretta ogni tanto, in occasioni particolari. Ieri sera era uno di quei momenti lì. Perché è tosta: quando tuo figlio fa questo mestiere qui ti regala soddisfazioni immense, però pure momenti di grande ansia e apprensione”. Ansia e apprensione che accompagnano un padre sempre. Figuriamoci quando sei il padre di uno che corre a 350 km/h quasi ogni santa domenica (e adesso pure ogni santo sabato) e il giorno dopo si gioca un titolo mondiale.
“Da dentro – ha raccontato ancora a MOW Pietro Bagnaia – è un pochino tutto diverso o in qualche modo più amplificato rispetto a tutto quello che la gente vede fuori. Però la sostanza resta sempre e solo una: quello che conta è lo sport. Io porto dentro il ricordo di momenti fantastici grazie a Pecco. A Pecco e a tutti i suoi ragazzi, perché tutto questo è possibile solo se hai un grande gruppo intorno. E’ bellissimo”. Soddisfazione, quindi, magari pure sacrosanto orgoglio, ma, più di tutto, voglia di spiegare – pur senza spiegarlo – che anche il più individuale degli sport è tutt’altro che individuale. Anche se la faccia è quella di uno solo”. Roba che può comprendere fino in fondo solo “chi è di sport” veramente e nel segno dello sport ha scelto pure di assecondare un figlio che veniva su con il più matto e pure il più pericoloso dei sogni: correre in moto e vincere. Anche dopo che ha già vinto altre due volte. Anche dopo che ha pure rischiato, come accaduto quest’anno a Barcellona, di lasciarci seriamente le penne. “Quello è stato un momento brutto davvero e a cui ha fatto seguito inevitabilmente un momento anche difficile. Io, per rispetto di pecco, non dico mai niente, perché lui ci tiene a non far uscire i suoi reali stati d’animo o quello che sente dentro, ma la caduta di Barcellona l’ha sentita veramente forte, non solo fisicamente. Anche psicologicamente e nell’anima. Nonostante questo, però, lui ha continuato con lo stesso spirito di sempre, facendo podi e portando risultati. Non è stato mai secondo quest’anno, se non per un brevissimo tempo. Neanche una giornata intera: 23 ore e 59 minuti esatti”.
Quasi a guardare quello che è stato, come se la mente di padre rimandasse solo all’orgoglio della strada fatta per arrivare fino a dove quel figlio che oggi è per tutti Pecco ha saputo arrivare. E senza curarsi fino in fondo, ma lasciandosi il tempo di farlo e di ragionarci sopra, di dove è effettivamente è arrivato. E di quanto in alto stia. “Due mondiali di fila in MotoGP li hanno vinti solo Valentino Rossi e Marc Marquez? – conclude Pietro Bagnaia ripetendosi la domanda che gli è stata appena fatta – Eh, sì. Queste però sono cose che io però, in questo momento, faccio mola fatica a metabolizzare. Perché io, da sportivo, ho sempre ammirato i grandi di questo sport: Valentino Rossi, chiaramente, da sempre. Lo stesso per Marc Marquez, anche se io sono campanilista e tifo per gli italiani, è sicuramente un grandissimo sportivo. Ecco, vedere Pecco che comunque sia ha accostato il suo nome al loro è qualcosa a cui devo un attimo abituarmi. Fatemela metabolizzare”